“Diamo un’anima al Vecchio Continente”

Dai vescovi europei l’invito a partecipare al voto per dare forza all’Europarlamento]

Scrivono i vescovi europei nell’appello lanciato in vista del rinnovo dell'Europarlamento: “E' essenziale che i cittadini dell'Unione europea partecipino al processo democratico esprimendo il loro voto il giorno delle elezioni […

, più elevata sarà l’affluenza, più forte sarà la nuova legislatura”. Preoccupati per l'incremento della povertà e per l'affermarsi dei nazionalismi, dei populismi antieuropei, degli esclusivi interessi economici, i vescovi invitano a sostenere il “progetto europeo” fondato sui principi di solidarietà e sussidiarietà ed ispirato da una visione nobile del genere umano. Per questa ragione sollecitano: “I singoli cittadini, le comunità e perfino gli Stati nazionali devono essere capaci di mettere da parte l’interesse particolare alla ricerca del bene comune”.

L'invito ad esprimere un voto europeo secondo coscienza viene rilanciato anche dall'arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan. “Per amore all'Europa ed ai suoi popoli – spiega Bressan, che dal 1983 al 1989 è stato inviato speciale della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo -, ma anche per evitare che il dinamismo di altre nazioni sommerga quell’8-9% che oggi siamo nel mondo. Talora non si tratta più di combattere un ingiustificato eurocentrismo, ma di non scomparire dal contesto internazionale: sarebbe una grave perdita, poiché siamo portatori di valori morali che tanti ci invidiano”.

Per Bressan occorre che i cristiani siano coinvolti nel futuro dell’Europa, così come lo furono tanti cattolici nella storia. “Già nel 1623 il monaco Eméric de Crucé teorizzava una assemblea permanente dei prìncipi europei, mentre il beato Antonio Rosmini auspicava l’unità e il costituirsi di movimenti culturali che ‘si eleveranno a considerare nell’Europa una congregazione di popoli e di nazioni, a cui presiede un Senato perspicacissimo, unico nei suoi voleri, nei suoi provvedimenti e nelle sue massime’”. “Vi furono poi i cattolici come Degasperi, Schuman, Adenauer e Monnet, padri fondatori dell’Europa unita – ricorda mons. Bressan – personalità che vivevano la fede cristiana nella vita politica; Papa Giovanni Paolo II insistette per un’apertura, per un’Europa che respiri con ‘due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale’. Ebbene, i cristiani di oggi sono chiamati a una testimonianza decisa di vita evangelica e alla unità tra loro, poiché la Chiesa è strumento di unità anche per il mondo”. L’influenza del Cristianesimo sulla cultura e sullo sviluppo dell’Europa è innegabile. “Tuttavia – prosegue Bressan – vorremmo che la fede religiosa possa avere uno spazio, un ambito riconosciuto anche nel mondo istituzionale. Il cristianesimo con il suo contributo culturale, caritativo, artistico, letterario, con la promozione dell’unità già dal Sacro Romano Impero ed attraverso i richiami pontifici, ma anche con la rete di università, di pellegrinaggi e di associazioni di volontariato, si dovrebbe attendere una posizione non di privilegio, ma di riconoscimento della realtà”.

Se il riferimento alle radici cristiane è stato omesso dal preambolo della Costituzione europea, tuttavia il tema religioso, sia pure genericamente espresso, non vi è del tutto indifferente. “Il Preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali riconosce che ci sono ‘valori comuni' e un 'patrimonio spirituale e morale' dell’Europa, inoltre dopo vari sforzi diplomatici – precisa Bressan – il Trattato di Lisbona ha accolto il principio che esistano anche comunità religiose organizzate, riconoscendone l’identità e il contributo specifico, prevede anche che l’Unione europea assuma l’impegno del dialogo aperto, trasparente e regolare con chiese e organizzazioni, da tempo presenti a Bruxelles con rappresentanze più o meno strutturate”.

Tra le istituzioni che seguono il cammino dell’Europa, oltre alla Santa Sede, ricordiamo la COMECE (Commissione Episcopale della Comunità Europea); il CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa), composto dai Presidenti della singole Conferenze Episcopali dagli Urali al Portogallo; la KEK (conferenza delle Chiese d’Europa), la Caritas europea.

Echi del miglior umanesimo cristiano e dei principi fondanti della dottrina sociale della Chiesa si riscontrano in vari articoli del Trattato di Lisbona e nella Carta dei Diritti Fondamentali. Il testo parla di pace, di cooperazione, di sussidiarietà, di integrazione e di solidarietà sia tra gli Stati che verso i Paesi più poveri del mondo. “Globalmente, tra gli Stati e l’UE si raggiunge la cifra di 9 miliardi di euro dati ad aiuti allo sviluppo, aiuti umanitari, assistenza tecnica e missioni di mantenimento della pace – sottolinea mons. Bressan –, l’Unione inoltre pone la persona al centro della sua azione e tutela la dignità umana”.

Nelle carte che “fanno” l’Europa manca invece un riferimento esplicito al ruolo costruttivo della famiglia. “Trattando in particolare dei diritti dei bambini – fa notare Bressan – si afferma soltanto che ogni bambino ha diritto di intrattenere relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse. Un’omissione simile si trova ad esempio quando il Trattato affronta i temi dell’istruzione, della gioventù, della formazione professionale: non si parla della famiglia, tutto è lasciato alle competenze dei singoli Stati, spesso inadeguati a dare risposte concrete”. La famiglia rappresenta una risorsa per la nuova Europa, è il luogo dove matura un’educazione al senso della dignità umana, della giustizia e della coesione sociale. In tal senso bisogna rileggere le politiche sociali in una prospettiva familiare ed è importante che le famiglie acquisiscano una cittadinanza piena e consapevole.

“La nostra Europa ha bisogno di un’anima – conclude il vescovo Bressan –, non soltanto di pensare ai rapporti tra i vari poteri, ai processi decisionali, all’unione di interessi economici. Spetta a noi cittadini far rinascere il sogno europeo, influire per una solidarietà autentica, che tenga maggiormente conto delle diversità, del grado di cammino dei popoli, dell’ambiente, delle difficoltà delle aziende, così da sostenerle in momenti difficili di transizione, per promuovere l’occupazione e nuove opportunità per i giovani”. Parte da questi ideali comuni la sollecitazione dei vescovi europei a recarsi alle urne il prossimo 25 maggio, quando per la prima volta gli elettori europei avranno voce in capitolo nella scelta di chi guiderà la Commissione Europea verso il futuro.

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