Il Giro di Don Daniele

Per la prima volta la Corsa Rosa in valle dei Mòcheni. L'intervista al parroco don Daniele Laghi

“Gavia, Stelvio e la val Martello, tra la pioggia e la neve. Solo la planimetria faceva paura”. Quando risponde alla nostra telefonata don Daniele Laghi, ha ancora negli occhi l'arrivo solidario di Nairo Quintana, nuova maglia rosa del giro. “Che tappone!”. Martedì è stata scritta una nuova epica pagina del Giro d'Italia, che in questi ultimi giorni di gara promette però ancora tanti colpi di scena. “C'è chi la definisce infernale, io l'ultima settimana del Giro preferisco chiamarla 'santa', perché se i corridori non vedono i santi quando arrivano, poco ci manca”, scherza don Daniele.

Una cosa è certa, sulle ultime salite non mancherà lo spettacolo. A partire dalla tappa di giovedì 29 maggio che, per la prima volta nella storia della Corsa Rosa, transiterà proprio dalla valle dei Mòcheni, dal 2010 nuova “casa” del giovane parroco roveretano.

Don Daniele, come si è preparata la “tua” gente all'evento?

C'è agitazione, trepidazione, l'attesa cresce. Le strade sono state totalmente riasfaltate e ora sono un gioiello. Sono state preparate alcune coreografie, balli tipici; le strade si tingeranno di rosa…

Il tuo rapporto con il ciclismo negli anni si è consolidato. Ora è vera e propria passione.

Fare sport mi è sempre piaciuto, fin da piccolo. Dal 2009 sono stato coinvolto dall'organizzazione del Giro del Trentino e la passione è cresciuta e si è allargata anche al Giro d'Italia. Nei giorni liberi dagli impegni pastorali, mi piace seguire la corsa dal vivo, stare assieme ai corridori…

Con alcuni di loro si è creato anche un bel rapporto umano…

Ci sono i trentini Moser e Oss, c'è il bolzanino Quinziato e naturalmente Ivan Basso, solo per citare alcuni ragazzi con i quali ho instaurato un bel rapporto di amicizia. Alle gare porto sempre una corona del rosario: c'è chi mi chiede una preghiera, chi di fare due chiacchiere, chi mi invita in albergo la sera dopo la tappa, ma anche a casa assieme alle loro famiglie, nei periodi di vacanza o addirittura al matrimonio. Ricordo ancora con piacere quando, durante una tappa del Tour de France dello scorso anno, con la tensione alle stelle, Cadel Evans venne comunque a darmi in cinque…

Tra problematiche e bellezza, il ciclismo secondo don Daniele Laghi.

In uno sport di fatica c'è sempre chi cerca scorciatoie, ma le bugie hanno le gambe corte e prima o poi la verità si scopre. Il ciclismo è stato duramente bastonato in questi anni, quel che non si dice però è che soprattutto l'Italia sta facendo tantissimo anche in campo internazionale per combattere il doping.

Ma c'è anche tanta positività…

Naturalmente. Il Giro unisce l'Italia da nord a sud, portando tanta gente sulle strade in pianura come in montagna, dove ogni valletta è una scoperta e la salita avvicina l'uomo a Dio. E naturalmente c'è l'idea di gruppo che nel ciclismo emerge sempre: Fabio Aru, appena passato il traguardo in val Martello, stremato, ha fatto i complimenti alla squadra, dicendo che tutti avevano fatto un'impresa. Ecco, qui c'è tutto il senso di questo sport: il singolo senza la squadra che lavora per lui non potrà mai emergere. Prima viene l'uomo, poi l'atleta e il suo talento.

Questo è un messaggio importante che deve passare anche ai giovani che si approcciano al ciclismo o comunque allo sport in generale…

A una bambina o un bambino io direi: ricorda che per la tua famiglia sei già un campione, dai il meglio e divertirti gioca con passione tenacia, ma non dimenticare di sorridere. La famiglia deve evitare l'esasperazione che poi stufa i figli: non tutti possono essere talenti, ma tutti possono invece riuscire a trovare soddisfazione nella pratica dello sport che può deve persone nuove, donne e uomini di domani.

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