Frullato di culture, la nuova antropologia

Ormai da tempo Duccio Canestrini cerca di “dar aria” alla nobile scienza dell’antropologia. Reportage, divulgazione scientifica “larga”, documentari, monologhi teatrali  sono un po’ le sue armi. Certo, “l’antropologia – come riflette nel suo ultimo saggio – si è sempre occupata di tradizioni e di usi e costumi del passato, (ma) ora deve sviluppare modi di studiare il futuro delle persone e delle culture”. E il roveretano prova a mettere in atto questi propositi coniando il neologismo “Antropop”, titolo del suo ultimo libro pubblicato da Bollati Boringhieri. Il cui sottotitolo, “La tribù globale”, coniuga passato e presente, solide basi scientifiche e osservazione dei fenomeni quotidiani, ancor più se trendy, di tendenza. Perché, entra nel vivo lo scienziato-pop, “dal modello del muro tra popoli e culture, siamo ora al modello frullato, al frittatone planetario, di tradizioni, dicerie, mode, pensieri, comportamenti. Stiamo vivendo – prosegue – un inedito, colossale merge, una fusione. In poche parole siamo fusi. Mettiamola così, da questa fusione magmatica salgono tante bolle colorate che scoppiettano. E il rumore che fanno, disordinatamente, è pop”. Appunto, popolare. Dove, giocando spesso con le parole, con i duplici se non più significati, da Facebook si passa ai ninnoli-oggetti che adornano il cruscotto di tante auto, dallo Gangnam Style in salsa trentina ai Google Glass.

Non manca, dentro “Antropop”, un lungo excursus nell’antropologia classica, quella di chi partiva alla ricerca e osservazione, se non scoperta, di popoli e tribù “primitive”, l’ha fatto anche Canestrini. Ma, più che altro, per metterne in risalto le topiche, gli errori, spesso le incongruenze. Riflettendo: “Un tempo soltanto i viaggiatori avevano il privilegio di vedere corpi alieni. Oggi l’esotico è tra noi. Viviamo un’epoca di mobilità e connessioni, di corpi andanti, di flussi incrociati, di reciproche influenze. Turismo, immigrazione, transiti, è tutto un gioco di specchi e citazioni. Per quanto riguarda i giovani in particolare – continua – il ventunesimo secolo sembra essere l’era della fusion a tutti i livelli, di un meticciato che se ne fa un baffo delle origini storiche”. Da cui, per logica conseguenza, la pratica dell’eclettismo scientifico non è per Canestrini una mescolanza di elementi di diversa provenienza, sostanzialmente incoerente, insomma un pasticcio. “Per me, invece, maturo o immaturo analista – riflette l’autore di “Antropop” –  l’eclettismo è una cosa meravigliosa”.  

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