Buono e a km zero:il pane come una volta

Anche l’iniziativa privata e l’enogastronomia possono irrobustire il binario su cui corre la ripresa. E con esse il passaggio degli alimenti attraverso le filiere corte. Un segnale promettente si coglie dal pane “a chilometro zero”, che nasce dal frumento seminato e macinato localmente per conferire sostanza a un impasto genuino e saporito, sano e tracciabile: è la “pagnotta della Valle di Laghi”, la novità dell’arte bianca firmata fratelli Tecchiolli e lanciata in anteprima l’autunno scorso.

La ripresa, si intende, della coltivazione di fazzoletti di terra incolti in valle. Per quella economica, si vedrà. Azzardato addentrasi in previsioni economiche a lungo termine, stolto quanto sleale illudere e lusingarsi. È il secondo anno consecutivo che la Comunità della Valle dei Laghi si avvale a tal proposito della consulenza tecnica fornita dalla Fondazione Edmund Mach, cui il ricercatore Enzo Mescalchin sottolinea una prevalente valenza territoriale sulla via della sostenibilità economica.

Convinzione e ottimismo traspaiono dalle parole del presidente dell’ente intermedio Luca Sommadossi dopo un recente brainstorming con agricoltori, panificatori e gruppi di acquisto solidale, volto a intessere una rete collaborativa che possa sfociare in un’associazione di riferimento: “Il progetto che riguarda il pane a filiera corta è interessante perché, se funzionante, favorirà lo sviluppo della biodiversità in valle introducendo colture diverse da quelle classiche, come pure il recupero di terreni (pedemontani) poco appetibili sul mercato”.

Non ci piove: questa valle, come echeggia da più fronti, dovrà investire sulla diversificazione colturale e, nel bio, godrebbe di carte in regola per giocarsi un ruolo da protagonista in Trentino. “Se pensiamo al pane biologico – riprende Sommadossi – lo si potrebbe abbinare alla produzione di olio, grappa, broccoli, Vino Santo”, ovvero i fiori all’occhiello della tradizione culinaria di questa zona spazzata a singhiozzo dall’Ora del Garda.

Parlare di “pane bio” è comunque precoce a sentire l’imprenditore panettiere Sergio Tecchiolli: “Il nostro obiettivo è di arrivarci nel medio periodo perché ad oggi chi coltiva il grano non è certificato, pur applicando tecniche colturali bio”. Evidentemente confida nella bontà del progetto se ha investito in un molino nuovo fiammante dotato di telaio di legno e macina lapidea che preserva l’integrità organolettica dello sfarinato. Azionerà gli ingranaggi nel panificio di Cavedine all’arrivo della materia grezza, “in maniera mirata per la preparazione progressiva del pane” atteso quest’autunno sugli scaffali dei punti vendita affiliati, inclusi i piccoli negozi alimentari della vallata.

Un prodotto di nicchia a prezzo abbordabile, stando a quanto riportato dall’assessore Noris Forti nell’anticipare a spanne i primi dati stagionali sulla mietitura: ottanta quintali di frumento che non soddisfano il fabbisogno dei consumatori, sufficienti per impastare ipoteticamente per sette otto-mesi all’anno. “Siamo nella fase esecutiva della sperimentazione”, aggiunge riallacciandosi a mo’d’esempio alla tradizione panificatoria altoatesina. “Valuteremo gli sviluppi, poi programmeremo”.

Estesosi su una superficie di sette ettari, questo progetto si preconizza vincente in Valle dei Laghi perché compartecipato da un ventaglio di attori risoluti a rompere ogni indugio tanto che sono iniziati gli incontri preparatori che dovrebbero convergere, a breve, alla costituzione di un’associazione. Apripista in provincia e un modello da emulare qua e là in Trentino. Ma occorre muoversi con lungimiranza e per farlo la parola d’ordine scandita più volte è associarsi.

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