Il fratello albanese

L'omaggio di Francesco ad un popolo che dopo la persecuzione comunista ha saputo creare le condizioni per una riconciliazione costruttiva fra musulmani, ortodossi e cattolici

“La sofferenza che voi albanesi avete avuto l'ho vista più da vicino: Quello di 'tollerante' …cambio la parola. Non è 'tollerante', l'albanese è 'fratello'. Ha la capacità della fratellanza: è di più. E questo si vede nel convivere, nel collaborare tra gli islamici, gli ortoodossi, i cattolici. E collaborano, ma come fratelli. O no?. E poi un'altra cosa che mi ha colpito, dall'inizio, è la giovinezza del Paese più giovane d'Europa. Ma l'Albania ha, si vede proprio, uno sviluppo superiore nella cultura e anche nella 'governance', grazie a questa fratellanza”. Sono le impressioni a caldo di Francesco ai giornalisti, al rientro in aereo, domenica 21 settembre, dal breve viaggio apostolico a Tirana in Albania che precede le trasferte a Strasburgo, al Consiglio d'Europa e al Parlamento europeo, il 25 novembre prossimo e il 28 “forse” in Turchia per la festa di Sant'Andrea e un incontro con il Patriarca Bartolomeo.

“L'Albania è un Paese musulmano nella maggioranza, sì, ma non è un Paese musulmano – ha detto il Papa – E' un Paese europeo. Per me questa è stata una sorpresa. L'Albania è un Paese europeo, proprio per la cultura – la cultura di convivenza – anche per la cultura storica che ha avuto”.

I cattolici in Albania rappresentano solo circa il 15% della popolazione. Si è visto il Papa piangere, commosso mentre ascoltava le toccanti testimonianze di un sacerdote, don Ernest Simoni e di una religiosa, suor Marije Kalete, perseguitati e sopravvissuti durante il regime comunista, che ha abbracciato con affetto, commentando: “Non so come abbiano fatto a sopportare tanto, ma Dio ci ha dato forza, pazienza e speranza”. Ha definito gli albanesi “un popolo di martiri”.

Più di 40 quelli ufficiali, riconosciuti dalla Chiesa nei confronti dei quali è stato espresso l'omaggio dell'intera collettività. “Al nobile popolo albanese, con il mio rispetto e ammirazione per la sua testimonianza e la sua fraternità nel portare avanti il Paese”, Francesco lo ha scritto, nel libro d'onore nel Palazzo presidenziale a Tirana. Intorno al Papa si sono strette in Piazza Madre Teresa (di Calcutta, originaria dell'Albania alla quale è stato dedicato anche l'aeroporto internazionale della capitale ndr.) più di 300 mila persone.

Gesti e parole si sono inseriti nella scia di Giovanni Paolo II il quale, 21 anni prima nel 1993, si recò in Albania, accompganato da Madre Teresa, per ricostruire la Chiesa locale dalle macerie, quasi a porre una nuova pietra. “Non dimenticate le piaghe, ma non vendicatevi. Andate avanti a lavorare sulla speranza di un futuro grande – ha dichiarato Francesco in uno dei suoi discorsi. “Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell'uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita e alla libertà religiosa di tutti”. Dall'ieri di tribolazione, di persecuzioni e di morte, all'oggi fatto di guerre e distruzioni in molti Paesi del mondo: il pensiero di Francesco non dimentica e ammonisce popoli e leader religiosi. “Da parte di gruppi estremisti, viene travisato l'autentico senso religioso e vengono distorte e strumentalizzate le differenze tra le diverse confessioni, facendone un pericoloso fattore di scontro e di violenze, anziché occasione di dialogo aperto e rispettoso e di riflessione su ciò che significa credere in Dio e seguire la sua legge”.

“Quando la dignità dell'uomo – ha affermato infine – viene rispettata e i suoi diritti vengono riconosciuti e garantiti, fioriscono anche la creatività e l'intraprendenza e la personalità umana può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune”. “Alla globalizzazione dei mercati corrisponda quella della solidarietà”.

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