Profetessa dell’unità

E' morta a Rovereto la valdese Florestana Piccoli Sfredda, pioniera del dialogo in Trentino

Mercoledì 19 novembre Florestana Piccoli Sfredda si è addormentata con Cristo in Dio. Figura storica, carismatica e coraggiosa dell’ecumenismo locale, e non solo, è stata tra le protagoniste indiscusse del cammino di relazione tra cristiani, tra credenti, e tra semplici cercatori di speranza.

Erano in tanti a salutarla, venerdì 21 novembre, nella roveretana chiesa di san Giuseppe, il rione dove Florestana ha vissuto per tanti anni insieme al marito Emidio e alla numerosa famiglia. Animatrice del Gruppo ecumenico di studio biblico, responsabile della Sala Valdese dal 1987, Florestana è stata il volto continuo di una incessante e mai superficiale ricerca; per il mondo evangelico valdese, ma anche per tante sorelle e fratelli del mondo cattolico, e non solo.

Alla cerimonia funebre (presenti oltre a tanti amici della chiesa valdese di Verona e della diaspora trentina, altrettanti fratelli e sorelle delle comunità locali) il pastore Jonathan Terino ha voluto sottolineare la vocazione cristiana di Florestana. Anche l’arcivescovo Luigi Bressan ha ricordato con un messaggio il suo instancabile impegno ecumenico.

Piccoli Sfredda è stata anima preziosa del dialogo per fede, presenza costante ora al Tavolo delle Religioni, ora al Coordinamento ecumenico locale. È stata soprattutto una “donna della Parola”, ovvero una donna biblica, donna di Scrittura. Ha saputo masticare la Parola di Dio in continuazione; ha saputo farla propria, l’ha portata anche fisicamente con se in tutta la sua esistenza, mettendola davvero al primo posto. Come tante donne e tante madri della Scrittura, ha saputo diventare essa stessa “profetessa” di Dio, annunciatrice delle Sue opere, mai superficiale e sempre straordinariamente attenta al cammino di tutti, nel consapevole riconoscimento della differenza come valore di fede e nella difesa di ogni autentica libertà di espressione.

In un suo testo, Saldi in pope, aveva scritto: «Cos’è la fede? Una ricerca di Dio negli spazi infiniti del cielo / un dubbio che ci divora mente e animo / un’ansia d’amore inappagato / un disperato bisogno d’eternità /velato appena da lacrime di speranza /tutto questo è la fede».

Ma Florestana è stata anche “donna di parola”. Ovvero donna fedele, tenace, coraggiosa. Una donna libera. Sempre impegnata in tante occasioni di vita quotidiana, culturale, sociale: dall’associazionismo femminile nell’Unione Cristiana delle Giovani al piccolo centro dedicato ad Albert Schweitzer, dalla partecipazione agli eventi ecumenici mondiali alla collaborazione con le tante e piccole realtà locali.

La stessa chiesa di san Giuseppe, da lei scelta per quest’ultimo viaggio, non poteva dimenticare i tanti momenti che, insieme al marito Emidio e ai figli, l’aveva vista protagonista di intere pagine di vita vissuta: momenti dolorosi, drammatici, com’anche occasioni felici. Di una di queste, tra l’altro, ne andava orgogliosa: la celebrazione, nel 1998, del matrimonio interconfessionale del figlio Paolo; primo matrimonio in Italia ad esser celebrato nella forma ufficializzata dalle due chiese, valdese e cattolica.

La sua forza tenace, la sua coraggiosa parola, la sua tormentata passione, non hanno mai saputo attenuare il tormento, quasi dolore, per il non riuscire a veder partecipare tutti i cristiani alla condivisione dell’unico Pane di Vita. Così come non è stato facile per lei accettare la chiusura della Sala Valdese: «Oggi, dopo 27 anni,  si chiude una parabola, si spegne una fiammella, aveva scritto. Chiediamo comunque al Signore di “rendere stabile l’opera delle nostre mani” (Salmo 90,17)».

«Qualunque sia la nostra confessione religiosa –  scriveva in una nostra ultima conversazione – qualunque sia la nostra posizione laica/agnostica o comunque il nostro libero pensiero, è ancora la Speranza che ci sostiene,

che ci conduce lungo il percorso della vita, che ci offre gli strumenti per costruire un mondo di pace e di autentica fraternità, libero da ogni paura e da ogni perplessità davanti ai gravi drammi della vita».

Alessandro Martinelli

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