Venti, duemila, 2 milioni

Ci sono tanti zeri dietro il 2 per restare ancora a lungo bloccati sui tragici eventi di questi giorni di Parigi, della Nigeria ed ancora della Francia. Sono i numeri delle vittime, definite da Papa Francesco “innocenti”, causate da uno dei tanti fondamentalismi, nella fattispecie quello islamico, che tentano di mettere le mani con la violenza su territori, popoli e beni. Il dato maggiore è quello che riflette la lunghissima colonna mobile umana, silenziosa, pacifica, disarmata, che ha voluto contrapporsi per le vie parigine ai kalashnikov che poche ore prima avevano seminato morti e feriti dapprima nella redazione di Charlie Hebdo e poi all'interno di un supermercato ebraico per mano dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly. Gente di tutte le estrazioni sociali, di tutte le classi di età, di ogni credo religioso ha raccolto un appello alla mobilitazione per dire che “vivere insieme pacificamente” è possibile, anzi è un dovere. Spetta alla classe politica di tutto il mondo, alle religioni di tutto il mondo creare le condizioni, dappertutto, anche in Nigeria – nelle stesse ore teatro di una strage, infinita, l'ennesima, dall'eco smorzata – perché questo possa avvenire. Capi di Stato di 45 Paesi e molti capi religiosi lo hanno recepito, camminando insieme, stretti o abbracciati l'uno all'altro, l'una all'altro. Mancava il Presidente Usa, Obama, che si è rammaricato per l'assenza: meglio tardi che mai. Su di loro pesa la responsabilità non facile di migliorare le condizioni di vita per far valere, autenticamente, i principi di libertà, fratellanza e uguaglianza. I media hanno macinato di tutto e di più in queste giornate di dolore. Moltissimi interrogativi restano, tra questi anche qualche riflessione sulla “blasfemia”, pure vignettistica, con connotazioni tanto diverse, tali comunque da provocare come reazione morte e indicibili sofferenze, sia in Paesi liberi come la Francia, che in altri assai lontani da questo modo di essere e di governare come la Siria, la Nigeria, il Pakistan, l'Afghanistan… per la presenza di coaguli impazziti che fanno riferimento ideologico ed operativo al fondamentalismo, trasformandosi in massa (vedi Isis, Is, Califfato, Boko Haram, Al-Qaeda) attraverso sigle in costante aumento.

Il rischio delle risposte armate finora individuate è che si vada ad ampliare l'incendio nei Paesi mediorientali ed africani in guerra, armando il nemico del nemico. Ricercatori, analisti, docenti, uomini di fede, come Papa Francesco, ma anche tanti Imam che si sono espressi in tutto il mondo compatti, suggeriscono altri mezzi rispetto alle armi, il cui commercio è fiorente, arricchisce pochi e toglie la vita a molti: mezzi come il taglio delle risorse finanziarie, il controllo di banche e imprese petrolifere che sostengono il mercato nero delle armi e del petrolio che ogni giorno invade le condotte petrolifere del Golfo, individuando mediatori e acquirenti, nel caso dell'Isis ad esempio.

La posizione di Papa Francesco, sottolinea Enzo Bianchi su Avvenire, si discosta da tutte le altre. E' anzitutto un appello al rispetto reciproco, così come inteso dal Concilio: non un insieme di buone maniere, non un indifferentismo etico, ma una consapevolezza che nell'altro è impressa in modo indelebile l'immagine di Dio e questo non può che aprire alla “mutua stima”, alla cooperazione, e anche all'amicizia. Ai rappresentanti del Corpo diplomatico, citando la tragica strage parigina, ma anche altri fatti della cronaca quotidiana, Papa Francesco ha legato questi fatti alla mentalità dilagante del “rifiuto” e della “cultura dell'asservimento” nel continuo dilagare dei conflitti. “Ad una cultura personale del rifiuto – ha detto – si associa così inevitabilmente una dimensione sociale, una cultura che rigetta l'altro, recide i legami più intimi e veri, finendo per sciogliere e disgregare tutta quanta la società e per generare violenza e morte”. Anche il dilagare del terrorismo di matrice fondamentalista in Siria e in Iraq, per il Papa è una conseguenza della cultura dello scarto applicata a Dio. “Il fondamentalismo religioso – ha infatti chiarito – prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico”. Per contrastare tale “ingiusta” aggressione, che colpisce anche i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi, Francesco sollecita una “risposta unanime”, che nel quadro del diritto internazionale “fermi il dilagare delle violenze”, ristabilisca la “concordia” e risani le ferite che il “succedersi dei conflitti” ha provocato. Il quadro di riferimento del Papa nel suo intervento è globale e dettagliato. Ma la politica sta ad ascoltare?

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