India, l’amore e le caste

Lo stupro in India: uno strumento punitivo contro chiunque metta in discussione l'ordine prestabilito

In India il sistema delle caste è una realtà tangibile. Ma cosa succede se un ragazzo si innamora di una ragazza di casta superiore, per di più sposata? E se i due decidono di fuggire insieme per vivere la loro storia d'amore? Sembra la trama di un film, ma è successo a Baghpat, nell'Uttar Pradesh (India del nord).

La polizia, appena informata della fuga dei due giovani, ha iniziato le ricerche, detenendo e torturando un cugino e uno zio del ragazzo, appartenente alla famiglia Kumari (le forze dell'ordine in genere appoggiano le caste più elevate). I due giovani innamorati sono poi stati trovati e consegnati agli agenti, ma nel frattempo la situazione al loro villaggio era esplosa. La famiglia del ragazzo aveva iniziato ad essere minacciata giorno e notte. E il 24 maggio scorso decise di fuggire; il 30 maggio la loro casa venne saccheggiata.

In queste zone la tradizione vuole che il consiglio del villaggio, il “khap panchayat” – composto generalmente da uomini anziani appartenenti alle caste dominanti –, decida come procedere. Questi consigli di anziani sono noti per le violente punizioni imposte alle donne; nel 2011 la Corte Suprema indiana ne ha sancito l'illegittimità, ma nonostante questo sono ancora attivi e rispettati in alcune regioni del Paese.

Come punizione per la fuga d'amore del ragazzo, il 30 luglio il Consiglio stabilisce che le sue due sorelle – di 23 e 15 anni – devono essere violentate e costrette a sfilare nude, con le facce annerite. La decisione è definitiva. A questo punto la situazione sembra precipitare: il 5 agosto Meenakshi, la figlia ventitreenne, invia alla Corte Suprema una richiesta di protezione. Il padre presenta una denuncia anche alla Commissione nazionale dei diritti umani e alla Commissione nazionale per gli intoccabili. Quest'ultima è un organismo che cerca di proteggere le persone delle caste più povere (”intoccabili” perché considerati impuri) dalla polizia e dalle famiglie di casta dominante. Dopo aver presentato le richieste, aumentano le minacce contro le vittime.

Il 24 agosto scorso Amnesty International India, venuta a conoscenza della situazione, lancia una petizione per proteggere le due ragazze. La petizione in breve tempo fa il giro del mondo, dall'India all'Italia, passando anche per gli Stati Uniti. Solo negli Usa le firme raccolte sono oltre 500.000. Il 17 settembre, pochi giorni fa, quella che sembra una svolta: la Corte Suprema indiana accetta la petizione e fornisce la protezione necessaria.

Questa è una storia a lieto fine, almeno per la famiglia del ragazzo, e almeno per ora. Nulla si sa invece della sua innamorata, che ha dovuto fare ritorno – incinta dell'amante – alla famiglia del marito da cui era fuggita.

L'India è un Paese dove lo stupro è quotidianità: di recente è stato girato un documentario, “India's daughter”, realizzato da Leslie Udwin e co-prodotto dalla BBC. Il documentario spiega come in India ogni 20 minuti venga stuprata una donna. Delhi è definita la “capitale mondiale dello stupro”. “India's daughter” racconta la storia di Jyoti Singh Pandey. A seguito del suo omicidio sono partite le proteste che recentemente hanno infiammato il Paese. Il film aiuta a capire una parte della cultura indiana. Sono anche e soprattutto gli interventi dei diretti interessati a stupire; forse perché da persone istruite come M. L. Sharma, ad esempio, avvocato per la difesa, non ci si aspetta di ascoltare certe frasi: “State parlando di un ragazzo e una ragazza come se fossero amici. Mi dispiace, ma questo nella nostra società non esiste. Vedere una donna accende subito negli occhi degli uomini il pensiero del sesso. Abbiamo la migliore cultura del mondo e non c'è spazio per le donne”.

Le donne in India ancora non contano, o contano molto poco: il cammino è ancora lungo.

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