Anche il “Platone” di Marsilio Ficino nelle cinquecentine del Vigilianum

Nella Biblioteca diocesana riunita al “Vigilianum”, tra le decine di libri stampati nel Cinquecento, è catalogata un’edizione di pregevole valore con tutte le opere di Platone (Platonis Opera, una delle due presente in regione) che appartenne a frate Nicolò Scutelli (Trento 1469-1542), paleografo, filosofo e teologo agostiniano, del convento di San Marco in Trento.

L’opera apparteneva al frate trentino, come leggiamo nella nota di possesso, e pervenne al Seminario diocesano di Trento per interessamento del dotto vicario generale Pantaleone Borzi, come testimonia il personale ex libris.

Frate Nicolò coprì molte cariche nell’interno dell’Ordine Agostiniano: segretario generale, visitatore di conventi, presidente dell’Accademia romana, provinciale della Marca Trevigiana. Per la vasta cultura e profonda conoscenza del greco e dell’ebraico era interpellato dagli studiosi del tempo, soprattutto dai confratelli cardinali Egidio da Viterbo e Girolamo Seripando.

In questi ultimi anni il testo del “Vigilianum” è stato oggetto di particolare studio non tanto per essere un’edizione del primo Cinquecento, quanto per l’utilizzo che fece lo Scutelli che attinse al pensiero di Platone e di altri autori della classicità, come si riscontra in un manoscritto della Biblioteca Angelica di Roma. Si tratta di una copia composta da sessantacinque sermoni riportanti annotazioni marginali riferite ai dialoghi platonici in traduzione latina di Marsilio Ficino quali: “Alcibiade I”, “Apologia di Socrate”, “Cratilo”, “Filebo”, “Ione”, “Menone” “Repubblica”, “Simposio”, “Timeo”, segnate con precisi richiami numerici che corrispondono a quelli dell’edizione del “Vigilianum”.

Queste citazioni testimoniano l’importanza che hanno avuto Platone e il platonismo per l’atteggiamento filosofico e teologico dello Scutelli e giustificano l’ampio dibattito di quegli anni tra platonismo rinascimentale di tonalità neoplatonica e agostinianesimo e i rapporti con la Scolastica. Un’analoga numerazione marginale è presente in una copia manoscritta del trattato De summo bono di Girolamo Seripando, futuro legato papale al Concilio di Trento.

Il testo di questi sermoni fu scritto da frate Nicolò durante il secondo mandato di priore del convento di San Marco (1527-1529), che iniziano con la prima domenica di Avvento 1527 e si concludono con la domenica della Trinità del 1528.

Non conosciamo a quale uditorio fossero indirizzati questi sermoni. Lo Scutelli affronta molti argomenti che in quegli anni erano messi in discussione da Lutero e dibattuti nelle scuole teologiche: il libero arbitrio, i sacramenti dell’eucaristia, del sacerdozio e della confessione, la funzione del papato. Non sono uno scritto apologetico, ma una profonda meditazione biblica che ha come baricentro il libro dell’Apocalisse (da qui il titolo dell’edizione Sermones in Apokalispim), con un accorato invito alla penitenza, seguendo l’esempio di Cristo che cavalca un umile asinello.

Il messaggio di frate Nicolò, inoltre, è un pressante invito alla conversione rivolto al papa, ai vescovi, ai sacerdoti e ai fedeli per riformare la Chiesa. Una riforma che frate Nicolò assegna a un Concilio, che sarà convocato nel 1545 qualche anno dopo la sua santa morte.

Domenico Gobbi

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina