Nomi tra “scienza” e politica

L’operazione sposa sostanzialmente (forse non nelle intenzioni, ma nelle conseguenze) le posizioni dell’estrema destra

Bolzano – Proprio mentre l’assessore Achammer presenta i risultati raggiunti nella promozione del plurilinguismo in Alto Adige, sottolineando che “la conoscenza di una seconda o di una terza lingua non rappresenta in alcun modo un pericolo, essa è invece un prezioso arricchimento per chi la apprende sotto il profilo umano e sociale”, esce la pubblicazione del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige dal titolo “I nomi geografici della Provincia di Bolzano”, che invece propone uno stile monoculturale e monolingue nei nomi di luogo, senza tener conto di quanto la toponomastica bilingue o trilingue sia profondamente legata alle multiformi identità della popolazione che abita questa terra. Il saggio introduttivo – “Facezie, curiosità e stravaganze dei nomi geografici sudtirolesi” – si apre con questa nota: “Per quanto riguarda i toponimi italiani qui riportati in tedesco si rinvia al ‘Prontuario dei nomi locali dell’Alto Adige’ nell’edizione del 1935”. Come dire: chi intende usare i toponimi nella forma italiana se la veda pure col fascista Tolomei. La nota fa riferimento, nella fattispecie, al nome della laterale della val Senales, riportata come “Pfossental”, quando il nome in uso da parte del gruppo di lingua italiana è notoriamente “val di Fosse”.

Sorprende che l’Amministrazione provinciale promuova un’operazione che sposa sostanzialmente (magari non nelle intenzioni, ma certamente nelle conseguenze) le posizioni dell’estrema destra (speculari a quelle di Tolomei, che non era certo per una toponomastica plurilingue), la stessa destra nazionalista che si diffonde in Europa e che cerca di condizionare, in Sudtirolo, la revisione dello Statuto di autonomia.

Che nel recente passato sia stata attuata una “pluriennale attività di ricerca e rilevamento dei nomi geografici” è certamente cosa molto lodevole. Va tuttavia ricordato che la materia della toponomastica in Alto Adige va ben al di là di un approccio puramente “scientifico” (ma quanta scienza e quanta ideologia ci sono davvero nell’affrontare questi temi? Ed è “scientifico” non considerare ormai “storici”, a loro modo, nomi in uso da circa un secolo, anche se introdotti con metodi e in circostanze non condivisibili?). L’uso dei nomi, anche sui cartelli e nelle pubblicazioni, riguarda (e condiziona pesantemente) gli sviluppi della convivenza tra diverse tradizioni, esperienze culturali, modi di vivere e di condividere questo territorio. Tanto è vero che la materia è stata ed è oggetto di accordi internazionali e di leggi costituzionali. Ovvero: non è di competenza di un museo o di un’associazione alpinistica, ma di chi, costituzionalmente, ha il ruolo di garante del bene comune. Quella della toponomastica è la cartina di tornasole della convivenza (rinviata) tra i gruppi linguistici altoatesini. A chi intende “giocare” coi nomi di luogo andrebbe prescritta una sorta di porto d’armi. In ogni caso la nota di cui sopra si può riformulare come segue: “Per quanto riguarda i toponimi altoatesini si rinvia all’‘Accordo di Parigi’ nell’edizione del 1946, allo ‘Statuto di autonomia’ nell’edizione del 1972 e più in generale ad un ‘Manuale del buon senso’”. Il resto sono facezie, curiosità e stravaganze.

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