Il prato delle utopie

Oggi utopia vuole dire progetto, pluralità, programma da costruire con coscienza e impegno

Luoghi fisici. Luoghi letterari. Un percorso che unisce scrittura e architettura. Visioni di mondi altri, provenienti dal passato, immaginati da grandi autori – da Platone ad Agostino d’Ippona, da Bacon a Swift, da Kafka a London e Orwell – che fanno da ponte a quelle ideate da progettisti contemporanei.

La mostra "Utopia" – inaugurata a inizio giugno nel prato su cui si affacciano Muse – Museo delle Scienze di Trento e palazzo delle Albere, rimarrà fino a ottobre – è incontro tra l'Isola delle utopia letteraria storica, di cui "Utopia" di Thomas Moore è la capitale, e l'Officina dell'utopia contemporanea, il laboratorio con i progetti all'insegna dell'"utopia dell'abitare" presentati a inizio gennaio dagli architetti che hanno risposto all'iniziativa promossa da Klimahouse-Fiera di Bolzano.

Un incontro dal quale scaturisce l'impegno del tempo presente a lasciarsi interrogare su una dimensione connaturata all'umano come quella dell'abitare le città per poi riflettere su quel luogo che è Utopia, che ora non è ma potrebbe essere, lasciandosi guidare dalle suggestioni letterarie spuntate come totem nel parco del Muse dove il progetto di Klimahouse ha preso le forme di un'installazione particolare, realizzata in collaborazione con la Fondazione Architettura Alto-Adige e con il supporto di ITAS.

L’iniziativa si inserisce in “Utopia500”, il progetto della casa editrice Il Margine e della Provincia di Trento e per il Muse aderire significa porre l’accento sulla forza dell’immaginazione e dello spirito creativo.

Riflettere su Utopia – ha detto il direttore Michele Lanzinger nel corso dell’inaugurazione – è superare la dimensione del sogno totalizzante, del mondo a una dimensione che le utopie, nei secoli, hanno variamente declinato.

Lontani da una concezione che esista una singola Utopia da perseguire, per definizione la migliore, oggi utopia vuole dire progetto, vuole dire pluralità, vuole dire il bene e il meglio in una relazione dove territori e persone fanno la differenza.

Non si tratta – ha proseguito – della perdita di un modello ultimo da sognare, ma di un programma da costruire con coscienza e impegno. La promozione della cultura umanistica e scientifica e di una società giusta, secondo questa prospettiva, sono la piena realizzazione di una rinnovata Utopia”.

Klimahouse appare inoltre come la "sede ideale della celebrazione di Utopia perché la sua vocazione utopistica, che si traduce in una spinta costante all'innovazione, sembra rigenerarsi anno dopo anno, progetto dopo progetto. E il senso più profondo dell'ideale utopico sta proprio nell'essere non un progetto inattuabile ma una tendenza inesauribile".

A introdurre l’esplorazione dei pannelli di grande formato su cui sono stati raccolti un corpus di contributi letterari, storici e utopici selezionati dall’Associazione “Il Funambolo”(Marco Furgeri, Guido Laino, Tiziana Poli) e una selezione delle proposte sviluppate dagli architetti che hanno risposto all’invito di Klimahouse, vi è la cartina geografica di Utopia.

Una mappa in cui l’isola dell’utopia letteraria storica si sovrappone al disegno originale della terra immaginato 500 anni fa da Moore con le sue 54 città a ispirare nuove scelte architettoniche per le città del presente e del futuro.

Una serie di riferimenti che si propongono come “gioco di assonanze e prossimità fra opere, temi e intuizioni che invitano ad esplorare la storia della letteratura utopica come se fosse un Paese sconosciuto” in cui orientarsi attraverso nuove coordinate.

Coordinate che, irradiandosi dalla capitale, prendono forma concreta nei nove “capoluoghi” – ossia testi chiave – in cui si è tradotta l’installazione: “edifici immaginari che vogliono raccontare, in forma architettonica, il nucleo profondo del testo da cui traggono origine”, lanciando l’invito a viaggiare su quest’isola, perdendosi nei tanti universi letterari a cui rimanda per trarne ispirazione e insegnamento.

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