“Il bullismo va prevenuto”

La dottoressa Bravi: “È fondamentale sviluppare il senso di empatia che è alla base della vita sociale fin da piccoli”

Due ragazze gettano a terra una compagna che indossa il velo, la insultano, lei perde gli occhiali. È lunedì pomeriggio in corso Rosmini, il cuore di Rovereto, quando avviene l’ennesimo episodio di bullismo. In soccorso della studentessa arriva una passante, che poi denuncia tutto su Facebook, compresa l’indifferenza dei numerosi presenti. La settimana scorsa un ragazzo era stato incappucciato e picchiato sulla corsa dell’autobus da Villazzano a Trento.

Episodi di prepotenza tra adolescenti che sempre più spesso salgono alla ribalta della cronaca trentina. Abbiamo chiesto ad Elena Bravi, direttrice dell’Unità di Psicologia clinica dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, specializzata nel disagio infantile e adolescenziale, di illustrarci alcuni aspetti del fenomeno “bullismo”, condannato questa settimana anche dal presidente Mattarella.

Che cosa scatta nella testa di un giovane per spingerlo a maltrattare un coetaneo?

Il bullismo è un fenomeno sociale legato alla leadership nei gruppi, anche a livello animale esistono queste tendenze. Esso si manifesta in una fascia di età, quella dell’adolescenza, dove assumono molta importanza tematiche evolutive come il bisogno di autostima, l’accettazione del gruppo e del proprio corpo. Questa coincidenza accresce la sofferenza delle vittime.

La donna intervenuta in soccorso della ragazza islamica a Rovereto ha riportato che il fatto è avvenuto davanti a diverse persone che non hanno mosso un dito…

Il bullismo è caratterizzato dall’asimmetria dei ruoli tra il persecutore e la vittima, dalla continuità dei comportamenti nel tempo e dalla dinamica di gruppo. Nell’essenza del bullismo c’è la relazione; il bullo raramente agisce da solo, ha bisogno di qualcuno che lo guardi. I gregari, le “statue”, gli osservatori muti sono corresponsabili dell’atto, perché l’indifferenza è un rinforzo indiretto.

Si può parlare di bullismo femminile?

Tra i generi ci sono delle differenze. Il gesto maschile è più fisico, perché è con la fisicità, con la condotta che i ragazzi esprimono il loro disagio. Il bullismo femminile è più verbale, punta sul discredito e sull’isolamento dal gruppo. In una società nella quale alle donne viene chiesto di rispondere a tutti i costi a certi canoni estetici, il senso di inadeguatezza è dilagante.

Alcuni commentatori segnalano un legame diretto tra lo sviluppo di una società multirazziale ed il fenomeno del bullismo. Che ne pensa?

Innanzitutto esso è amplificato da una società molto competitiva, improntata sulla sopraffazione e nella quale manca la solidarietà e l’educazione affettiva e relazionale. Sicuramente in una realtà multirazziale, dove le differenze vengono amplificate dal mondo adulto, i bambini finiscono per assorbire le categorizzazioni, i “loro” e i “noi” ai quali ricorrono i genitori. Se una volta veniva considerato diverso chi indossava gli occhiali, oggi le diversità alle quali appellarsi come gruppo sono molto più radicate.

Come si può prevenire la prepotenza tra adolescenti?

La prevenzione passa attraverso la buona educazione affettiva dei bambini. Se cresco mio figlio nel rispetto dell’altro, non diventerà un bullo. È fondamentale sviluppare il senso di empatia che è alla base della vita sociale fin da piccoli; l’adolescenza è la resa dei conti, perché i fondamentali te li giochi nei primi 2-3 anni di vita.

Credo che nella nostra società si stia perdendo la capacità di riconoscere l’umanità nell’altro. Durante la guerra in Vietnam ai cecchini veniva insegnato di non guardare negli occhi chi dovevano uccidere, perché questo avrebbe potuto impedirgli di portare a termine il loro compito. Con il bullismo avviene questo: uno scollamento totale tra quello che vedo e quello che sento.

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