Aborto, una ferita da sanare

Un intervento di don Sergio Nicolli invita a guardare all'aborto anche a partire dai drammi della madre ed a sentire il dovere di aiutarla a ritrovare serenità, riconciliandosi con se stessa, con il proprio figlio abortito e anche con Dio]

[Una proposta: istituire all’interno dei nostri consultori un servizio di accoglienza di persone che hanno bisogno di guarire le ferite dopo l’esperienza dell’aborto

Nella Giornata per la Vita, che rilancia puntualmente l’impegno di accoglienza concreta e di promozione del valore fondante dell’esistenza umana anche in un contesto in cui prevalgono spesso i diritti al “benessere” degli adulti a scapito di quelli della creatura concepita,  dovremmo quest’anno far emergere e sottolineare un’attenzione suscitata dall’Anno della Misericordia appena concluso.

Una premessa: non c’è dubbio che l’aborto procurato non è semplicemente l’ eliminazione del “prodotto del concepimento”, ma la soppressione di un innocente arrivato alla vita senza colpa alcuna, ma solo con il marchio di “disturbare” l’esistenza di chi l’ha chiamato – consapevolmente o meno – all’esistenza.  Così formulato, non c’è da meravigliarsi  se alcuni parlano di “orribile sterminio” perpetrato tra il silenzio dei singoli e delle istituzioni.

Ma se invece guardiamo a quest’evento a partire dal vissuto delle persone che arrivano alla decisione di risolvere con la scorciatoia dell’aborto il problema di un figlio che porterebbe con sé problemi non previsti e un futuro incerto, allora la prospettiva cambia: siamo costretti ad essere un po’ più pensosi e prudenti nel giudicare queste persone alle quali imputiamo il grave peccato, naturalmente senza giustificare né attenuare la gravità della decisione. I drammi umani alle spalle

Dietro il ricorso all’aborto, infatti, ci sono spesso dei drammi umani e dei condizionamenti pesanti che attenuano e spesso riducono di molto la responsabilità della madre che prende questa decisione. Credo sia proprio questa la considerazione che ha spinto Papa Francesco ad estendere a tutti i sacerdoti nell’Anno giubilare della Misericordia (e a prolungare anche dopo il Giubileo, quindi per il futuro) la facoltà di assolvere dal peccato di aborto.

L’amore alla Vita, che riaffermiamo in questa prima domenica di febbraio, dovrebbe indurci a prendere in considerazione anche un altro aspetto finora sottovalutato: il dramma della madre che, dopo aver “risolto” con la scorciatoia dell’aborto il problema di una gravidanza non voluta, avverte  sensi di colpa che la perseguitano spesso per tutta la vita anche dopo ogni tentativo di rimozione; si porta dentro  l’incubo del figlio che la accusa di averlo soppresso, la sensazione di aver privato se stessa, sotto la spinta magari di altre persone (il papà del bambino, i genitori, gli amici…) della gioia di una maternità che forse sarebbe stata la fonte delle soddisfazioni più grandi della sua esistenza,  la percezione di aver compiuto un gesto grave nei confronti di se stessa e, per chi ha un briciolo di fede, la convinzione di sentirsi condannata da Dio, fonte (?) a una vita infelice per il peccato compiuto…

Se prendiamo sul serio gli inviti di Papa Francesco a lasciarci avvolgere dalla misericordia di Dio e a metterla in atto a nostra volta verso i nostri fratelli, non possiamo lasciare che queste donne e gli stessi padri coinvolti e responsabili rimangano vittime di una infelicità senza vie d’uscita. I sensi di colpa non sono secondo il Vangelo; è evangelico invece il senso del peccato, della responsabilità delle nostre scelte, accompagnato però dalla consapevolezza che il nostro Dio è ricco di misericordia e grande nell’amore (cfr. Salmo 103,8 e 145,8). Aiutare queste donne a superare i sensi di colpa, a ritrovare la serenità e a riconciliarsi con se stesse, con il proprio figlio abortito e con Dio è un dovere al quale non possiamo venir meno senza grave colpa.

Le parole della condivisione

Allora come fare? Cosa dire a una donna che si confida di aver praticato l’aborto o nel contesto della confessione si accusa di questo peccato? Il fatto che Papa Francesco abbia concesso a tutti i sacerdoti di assolvere dal peccato di aborto porta oggi molte donne (o altre persone) a confidare, nella confessione o nell’accompagnamento spirituale, il tormento che dopo l’aborto le ha portate, spesso per decenni, a perdere la pace.

Ogni situazione è particolare e va affrontata anzitutto con una grande capacità di ascolto ed empatia, nella condivisione della sofferenza. Personalmente, dopo aver ascoltato la persona e aver cercato di mettermi nella sua situazione di turbamento, mi sento di rivolgermi a lei con questi pensieri e con queste parole.

È un’esperienza che ha pesato molto nella tua vita e la sofferenza per quanto è accaduto ti accompagna da tanto tempo. Probabilmente quando hai deciso di non proseguire la gravidanza ti sei trovata in una situazione drammatica, forse condizionata da tante altre persone che ti hanno indotto a risolvere con una scorciatoia un problema che non sei riuscita a gestire con responsabilità  piena; se sei arrivata a una decisione così grave, forse non eri del tutto consapevole né della gravità della decisione né delle conseguenze psicologiche che essa avrebbe provocato nel resto della tua vita.

Ora è importante però che tu ritrovi la serenità e che sia aiutata a liberarti dai sensi di colpa che ti hanno accompagnato per tanto tempo. Anzitutto pensa a tuo figlio: quando il Signore accende la vita – non importa in quali circostanze – la accende per sempre; che una persona viva cento anni o che la sua esistenza si concluda dopo poche settimane dal concepimento, questa è una persona che vive per sempre, chiamata a vivere nella gioia e nella pienezza della vita eterna di Dio. Ti suggerisco di dare un nome a tuo figlio: lui ora è in grado di capire le circostanze che hanno accompagnato la conclusione della sua vita. Lui non ti giudica ma ti vuole bene perché sei la sua mamma, e desidera che la sua mamma sia serena. Sentilo come un angelo alleato della tua famiglia, che desidera la felicità per te e per tutti i tuoi cari. E nemmeno il Signore ti giudica: lui vede la tua sofferenza, ti accoglie a braccia aperte e vuole vederti serena. Affidati alla sua misericordia e alla sua tenerezza di Padre.

Dopo un dialogo di questo tono ho visto alcune donne piangere di consolazione: la scoperta della misericordia e della tenerezza di Dio e la certezza di essere già state fin dall’inizio perdonate e amate dal figlio ha restituito a loro la pace del cuore e la gioia di vivere.

Vorrei concludere con una proposta che avverto urgente da tempo: perché non istituire all’interno dei nostri consultori – almeno in quelli di ispirazione cristiana – e di alcuni centri di ascolto e accompagnamento un servizio di accoglienza di persone che hanno bisogno di guarire le ferite dopo l’esperienza dell’aborto? Potrebbe essere anche questo un frutto del Giubileo della Misericordia.

don Sergio Nicolli

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