Fbk “disegna” il Web del futuro. Magnini (W3C Italia): “Una responsabilità ma anche un’opportunità”

La Fondazione Bruno Kessler è il punto di riferimento italiano nel World Wide Web Consortium (W3C)

Trento, 18 luglio – L’atrio del polo scientifico e tecnologico della Fondazione Bruno Kessler, in via Sommarive, a Povo, è deserto. Sono le 8.30. C’è solo Maia, che ancora oggi, come un tempo, accoglie i visitatori, ma resta immobile e silente. Sembrano passati secoli, da quando ti accoglieva all’ingresso di quello che allora si chiamava Itc-Irst e le potevi chiedere del direttore Luigi Stringa, sotto il cui impulso l’istituto di ricerca fu tra i primi in Italia ad occuparsi di intelligenza artificiale. Maia, concentrato di tecnologia, software e brevetti, ne era l’esemplificazione concreta.

Oggi la Fondazione, nei cinque centri di ricerca concentrati nei due poli di Povo e di Trento città, si occupa di Ict (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione), informatica, microsistemi e microelettronica, fisica computazionale e dei materiali, ma anche di ricerca storica e religiosa. Ma forse non tutti sanno che è proprio qui – o, meglio, anche qui – che si decide come sarà il Web del futuro. Passano da questo istituto di ricerca sulla collina di Trento le discussioni, i ragionamenti, le comunicazioni che determineranno quale sarà la Rete del futuro.

Da aprile, ma la notizia non ha avuto il rilievo che meritava, la Fondazione Bruno Kessler è il referente nazionale per il Consorzio World Wide Web (W3C), organizzazione internazionale fondata nel 1994 dall’inventore del Web Sir Tim Berners-Lee e ancor oggi da lui diretta, che si occupa di definire gli standard della Rete.

All’ufficio italiano del Consorzio, che in precedenza era presso il CNR di Pisa, fanno capo tutti gli enti e le aziende che in Italia lavorano insieme per sviluppare gli standard del Web del futuro in ambiti di applicazione come il settore automobilistico, la Web security, l’Internet delle cose, le pubblicazioni digitali, i pagamenti via Web. “Aver ereditato dal CNR la gestione dell’ufficio italiano del W3C è un riconoscimento per le competenze che la Fondazione Bruno Kessler è stata capace di sviluppare nel corso degli anni e per la sua capacità di fare rete”, osserva Bernardo Magnini, che alla Fondazione Kessler si occupa da quasi due decenni di linguistica computazionale e di HLT (Human Language Tecnology, un’area di ricerca multidisciplinare che affronta l’elaborazione automatica del linguaggio umano nei settori della traduzione automatica) sia a livello di ricerca, come pure – e sempre più, negli ultimi anni – di trasferimento tecnologico, non trascurando la formazione.

Magnini ci viene incontro nell’atrio e ci accompagna nel suo ufficio, che da poche settimane è il punto di riferimento italiano per gli standard della Rete. “E’ un compito che ci affida una grande responsabilità a livello nazionale e che ci rende orgogliosi”, dice Magnini, mentre nel frattempo ci raggiunge Adolfo Villafiorita (con l’unità ICT4G di Fbk è, tra l’altro, il “papà” di BringTheFood, l’app che fa incontrare i produttori e gli enti caritativi evitando spreco di cibo), che con Manuela Speranza completa il team che in Fbk si occuperà della gestione dell’ufficio italiano del Consorzio.

“Qui alla Fondazione Kessler – spiega Magnini – da decenni ci occupiamo di tutte le tecnologie del Web. Quando ci è stato chiesto di subentrare al CNR, ci siamo confrontati al nostro interno e abbiamo concluso che avevamo tutte le carte in regola per assumere questa sfida, grazie alle competenze qui presenti nella semantica, nella Wev security, nella visione artificiale, piuttosto che nell’automotive o nella domotica”. Una scommessa ben ponderata, condivisa pienamente ai piani alti della Fondazione, dal presidente Francesco Profumo al segretario generale Andrea Simoni al direttore ICT Paolo Traverso, che vi hanno intravisto anche un’opportunità per accrescere la visibilità e il ruolo di Fbk a livello italiano.

All’ufficio italiano del W3C, Magnini e il gruppo di lavoro di Fbk portano in dote in particolare la pluridecennale esperienza nell’elaborazione di metodi statistici e nell’apprendimento automatico. Le reti neurali e il “deep learning”, quell’insieme di tecnologie informatiche che, utilizzando algoritmi e modelli statistici, cercano di replicare il comportamento del cervello umano, sono i paradigmi emergenti, spiega Magnini. E qui, pur non avendo le risorse sia finanziarie sia umane dei grandi player come Google, Facebook o Amazon, né disponendo delle loro immense banche di dati, la Fondazione Bruno Kessler può comunque dire la sua.

Il W3C definisce, con un processo partecipativo e democratico, standard aperti per assicurare la crescita del Web nel futuro. Tutte le tecnologie sviluppate sono messe a disposizione senza che si debbano pagare royalties. Sono una sessantina attualmente i gruppi di lavoro che si occupano di elaborare standard aperti e di sviluppare tecnologie che garantiscano l'interoperabilità tra i diversi sistemi, attraverso la definizione e la pubblicazione di specifiche, linee guide, software e applicazioni. Oggi apriamo una pagina di un sito Web sul computer dell’ufficio e non ci stupiamo di poter aprire la stessa pagina sul nostro smartphone (semmai, ci stupiremmo del contrario!). Ma a rendere possibile tutto questo è il rispetto del principio dell’interoperabilità: la capacità dei diversi sistemi o prodotti informatici di scambiare informazioni, di “dialogare” tra loro. Ci sono settori e servizi dove però c’è ancora tanta strada da fare. Pensiamo all’editoria digitale, con gli e-book, dove ancora dominano i formati proprietari che solo lo specifico apparecchio della tale azienda è in grado di interpretare (ma è di buon auspicio la presenza dell’Associazione italiana degli editori all’interno del W3C). O ai pagamenti digitali, che oggi vedono una pluralità di offerte che possono perfino confondere il consumatore e costringono chi progetta siti web a realizzare soluzioni customizzate, con dispendio di energie. Ma le stesse considerazioni valgono anche per l’Internet delle cose, in fortissima espansione. “Pensiamo a delle app che devono interagire con un forno a microonde o con un frigorifero – dice Villafiorita -: occorre che ‘parlino’ la stessa lingua”. E non è da trascurare l’aspetto dell’accessibilità alle persone diversamente abili. Su tutto ciò, il W3C ragiona con i suoi gruppi di lavoro e con i forum di discussione. “Di recente, una casa automobilistica, la Volkswagen, ha sottoposto al Consorzio una proposta per un’interfaccia Web dedicata all’infotainment in automobile”, esemplifica ancora Villafiorita.

Oltre alla discussione ed elaborazione di nuovi standard, o al miglioramento di quelli esistenti, il Consorzio rappresenta anche una rete di relazioni tra attori pubblici e privati. “Anche per questo ci proponiamo di di rafforzare la presenza dei partner italiani nelle iniziative del Consorzio, in modo che possano trarne il maggior beneficio possibile”, continua Magnini. “E lavoreremo per ampliare la platea dei soci pubblici e privati del Consorzio, grandi e piccoli”. Anche le imprese medio-piccole, non solo del settore informatico, sottolineano a una voce Magnini e Villafiorita, possono trarre vantaggi competitivi dal prendere parte a questo importante, ma poco conosciuto luogo di incontro e di scambio, che “disegna” la Rete del futuro. La quota annuale di ammissione, rimarcano, è “quasi” simbolica. E invitano ad andare a trovarli, sul Web (www.w3c.it) oppure di persona, sulla collina di Povo… accolti da Maia, ponte tra il vecchio e il nuovo di Fbk.

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