Un contratto di governo dopo il 21 ottobre?

La governabilità e la programmazione favoriranno la concretezza dell’intervento pubblico

A livello nazionale, il nuovo esecutivo giallo-verde è nato sulla base di un «contratto di governo alla tedesca»: un ampio dettaglio delle riforme e delle iniziative da realizzare, attentamente analizzate e tradotte in impegni puntuali. Questo tipo di accordi è utile in modo particolare quando nessun partito ha i numeri per governare da solo, come appunto è accaduto in Germania e in Italia, ed è perciò necessaria una mediazione fra indirizzi politici diversi per poter conseguire risultati pratici a favore dei cittadini.

E in Trentino? Sarebbe utile anche alla nuova Giunta provinciale, che nascerà dalle elezioni del 21 ottobre, un contratto di governo?

Se il quesito può incuriosire, bisogna tener conto che la situazione trentina è molto diversa da quella nazionale, per almeno due ordini di ragioni. La prima è la legge elettorale provinciale (L.P. 2/2003) che blinda la governabilità. Com’è noto, il Presidente della Provincia è eletto direttamente dai cittadini (non così il Presidente del Consiglio dei Ministri); ogni lista (partito) ha l’obbligo di collegarsi a uno dei candidati Presidente, e al gruppo di liste che ha ottenuto più voti sono attribuiti 18 seggi (su 35), elevati a 21 se i voti ottenuti sono almeno il 40 per cento del totale. La maggioranza politica è quindi predefinita e garantita fin da subito, e il Presidente eletto, assieme ai consiglieri eletti nelle liste collegate, non hanno bisogno di negoziare con altri la linea di governo. Poiché ciascun candidato Presidente avrà obbligatoriamente presentato il «programma di legislatura», quello del Presidente eletto, di fatto, è il contratto di governo del nuovo Esecutivo, validato dal voto degli elettori.

La seconda diversità trentina consiste nell’ampio e consolidato utilizzo degli strumenti della programmazione (L.P. 4/1996). Fra questi, il programma di sviluppo provinciale, che definisce «il quadro di riferimento per le attività proprie delle amministrazioni pubbliche e per l'attività economica privata», il documento di economia e finanza (DEFP) e, a cascata, numerosi piani di investimenti pubblici, programmi di spesa e progetti specifici, in cui la Giunta provinciale inscatola le idee politiche di governo per tradurle in opere, azioni e incentivi. Questi strumenti, se ben usati, si basano su un’obbiettiva valutazione dei requisiti di fattibilità tecnica e finanziaria, che la pubblica amministrazione conosce meglio di altri, per selezionare gli interventi più efficaci («fare le cose giuste») e più efficienti («fare le cose bene»). Sono atti aggiornabili per via amministrativa, quindi più elastici in caso di rilevanti modificazioni del contesto (ad esempio le crisi) e in genere suffragati da ampi e organici processi partecipativi (cittadini, parti sociali, minoranze politiche, enti locali ecc.), variamente garantiti per legge. In altre parole, il sistema programmatorio sembra ben attrezzato per dare concretezza agli indirizzi di governo e non sembra conveniente, per la razionalità dell’azione pubblica, ammanettarlo in accordi elettorali ex ante.

Governabilità e programmazione potranno dunque offrire alla futura Giunta provinciale le migliori condizioni per attuare buone politiche secondo la linea del partito o della coalizione vincente. Basterà volerlo.

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