“L’Algeria dei miei fratelli”

A Varone la testimonianza del trappista Georgeon sui monaci di Thibirine che saranno beatificati l’8 dicembre

“Sarà una beatificazione singolare e inedita, mai vista nella storia. 19 cristiani beatificati in un Paese a grandissima maggioranza islamica”. Non è l’unico motivo per guardare con commozione alla celebrazione che il prossimo 8 dicembre si terrà ad Olano, in Algeria, dove saranno proclamati beati 19 consacrati (religiosi e religiose, anche un vescovo), che sono stati uccisi tra il 1992 e il 2001 nella sanguinosa guerra civile che ha opposto gruppi fondamentalisti islamici all’esercito al governo.

Ne ha parlato venerdì scorso in un’intensa serata nella Sala del Dialogo dei Missionari Verbiti a Varone il postulatore della Causa, padre Matteo Georgeon, pure trappista che ha illustrato anche il difficile contesto politoco in cui il martirio è maturato: “Non è stata ancora scritta la storia di quanto avvenuto in quegli anni in Algeria, perché è passato ancora troppo poco tempo per mettere per iscritto la ricostruzione oggettiva degli eventi”. Restano però i diari dei religiosi e le le loro lettere ma soprattutto le testimonianze dirette rese anche degli abitanti delle comunità algerine: “Non hanno ucciso solo loro, ma hanno ucciso anche noi”, l’impressione commossa di tanti amici.

Emerge nel racconto il ruolo della comunità di Thibirine con i suoi monaci resi famosi dallo splendido film “Uomini di Dio” (“davvero un capolavoro, perché anche gli attori si sono immedesimati nella vicenda umana dei protagonisti”, il giudizio di padre Thomas) che costituiva anche per altri religiosi un punto di riferimento. Così come il gruppo riunito in Ribat es-Salam, il Vincolo della pace, esperienza di dialogo spirituale e di confronto pastorale a cui ha preso parte anche padre Claude Rault, il “vescovo del deserto” già ospite tre anni fa a Varone.

Il relatore Georgeon, introdotto dal rettore dei Verbiti padre Gianfranco Maronese e intervistato dal nostro direttore Diego Andreatta, ha insistito sull’idea che i beati non vengono presentati come modello in quanto sono stati uccisi in modo violento, ma in quanto hanno vissuto tutta una vita alla sequela del Vangelo. Ed ha citato più volte quella “santità ordinaria”, che Papa Francesco ha messo in luce nel suo documento “Gaudete et exsultate” e che accomuna tanti altri cristiani d’Africa ai martiri dell’Algeria. “Loro ci ricordano che le Beatitudini non sono una consolazione per il domani, ma, ben di più, una promessa per l’oggi”.

Questi 19 “artigiani di pace” vengono raccontati nel libro edito da Emi secondo la propria specifica vocazione e storia personale, accomunata dal titolo del volume: “La nostra morte non ci appartiene” con splendida prefazione di Enzo Bianchi. “Un richiamo anche provocatorio – come ha spiegato il responsabile editoriale di EMI Lorenzo Fazzini – che esprime il completo dono della propria vita, anche nell’epilogo, per farla diventare un messaggio condiviso e condivisibile per tanti altri”.

L’incontro è stato preceduto dalla visione del film “Uomini di Dio” e da un dialogo tra Alessandro Martinelli e Nibras Breigheche; prossimo appuntamento sarà mercoledì 12 dicembre con il vaticanista di Repubblica Paolo Rodari che affronterà le sfide di Papa Francesco.

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