Sinodo per l’Amazzonia, un banco di prova per la Chiesa cattolica

L’obiettivo, restituire ai popoli indigeni il diritto di essere protagonisti della loro storia, delineando nuovi cammini per la Chiesa

Una canoa con i simboli e i prodotti tipici della regione panamazzonica, portata a spalle dai 17 rappresentanti dei popoli indigeni, reti multicolori da pesca, cartelli con i volti di martiri in nome dell’ambiente o in difesa dei diritti umani , come il vescovo Oscar Arnulfo Romero, canti tradizionali amazzonici hanno aperto la processione dalla basilica di San Pietro verso l’Aula Paolo VI, sede dei lavori del Sinodo speciale per l’Amazzonia. Così, in processione, domenica 7 ottobre Papa Francesco e i 184 padri sinodali hanno aperto il Sinodo speciale per l’Amazzonia, inaugurato ufficialmente il giorno prima dal Papa con la celebrazione eucaristica nella basilica di San Pietro. L’obiettivo, indicato da Papa Francesco, è “individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta”.

“Dobbiamo accostarci ai popoli amazzonici in punta di piedi, rispettando la loro storia, la loro cultura, il loro stile del ‘buen vivir’ nel senso etimologico della parola, e non nel significato sociale”, ha detto Papa Francesco, aprendo i lavori con un discorso pronunciato a braccio, in spagnolo. “Ogni popolo ha un’identità propria, una coscienza di sé da cui viene un sentire, un modo di vedere la verità, una storia, un’ermeneutica”, ha sottolineato, mettendo in guardia dalla “colonizzazione ideologica, tanto comune”, che “distrugge la storia di un popolo”. Il Papa ha chiesto di cominciare il Sinodo non con “programmi confezionati”, per “disciplinare, addomesticare” il popolo amazzonico: “il centralismo omogeneizzante e omogeneizzatore distrugge l’autenticità della cultura di un popolo”. “Le ideologie sono riduttive”, ha ammonito, stigmatizzando “la pretesa di comprendere intellettualmente, ma senza ammirare” e quella a “ridurre la realtà in categorie.

“Il Sinodo per l’Amazzonia – ha proseguito – ha quattro dimensioni: pastorale, culturale, sociale, ecologica. La prima è l’essenziale, abbraccia tutto”, ha spiegato Francesco esortando i 184 padri sinodali a vivere “la realtà amazzonica con occhi di discepoli e missionari. Senza lo Spirito Santo non c’è annuncio di Gesù Cristo, che non va confuso con il proselitismo”.

Sulla necessità di “delineare nuovi cammini”, oltre che sull’analisi della situazione, si sono soffermati nelle loro relazioni il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo (“Il Sinodo costituisce una vera e propria sfida per la Chiesa, dovrà affrontare la provocazione avanzata dalla questione ambientale, rispondendo con un’ecologia integrale”) e il card. Claudio Hummes, presidente della Repam – Rete ecclesiale panamazzonica – e relatore generale del Sinodo per l’Amazzonia (“L’Amazzonia è un test decisivo, un banco di prova per la Chiesa e per la società brasiliana”). Hummes ha richiamato l’obiettivo principale: “Restituire ai popoli indigeni il diritto di essere protagonisti della loro storia”. “Il Papa ha messo in chiaro che il rapporto della Chiesa con i popoli indigeni e con la foresta amazzonica è uno dei suoi temi centrali”, ha rimarcato Hummes, chiarendo che “ai popoli indigeni deve essere restituito e garantito il diritto di essere protagonisti della loro storia, soggetti e non oggetti dello spirito e dell’azione del colonialismo di chiunque. Le loro culture, le lingue, le storie, le identità, le spiritualità costituiscono ricchezze dell’umanità e devono essere rispettate e preservate e incluse nella cultura mondiale”.

La missione della Chiesa oggi in Amazzonia è il nodo centrale del Sinodo: “È un Sinodo della Chiesa per la Chiesa. Non una Chiesa chiusa su se stessa, ma integrata nella storia e nella realtà del territorio, una Chiesa in uscita, missionaria, con l’annuncio esplicito di Gesù Cristo, dialogante e accogliente, che cammina accanto alla gente e alle comunità, misericordiosa, povera, per i poveri, e con i poveri, e dunque con una opzione preferenziale per i poveri, inculturata, interculturale e sempre più sinodale”. La Chiesa deve “uscire e mettersi in cammino nella storia, in questi tempi di cambiamenti epocali, camminando sempre al fianco di tutti, soprattutto di chi vive nelle periferie dell’umanità”.

Tra le questioni aperte emerse nella fase di ascolto presinodale cui ha fatto cenno Hummes, la possibilità di aprire la strada all’ordinazione sacerdotale degli uomini sposati residenti nelle comunità e, considerato il gran numero di donne che oggi dirigono le comunità in Amazzonia, la possibilità di riconoscere questo servizio con un ministero adatto alle donne dirigenti di comunità.

“In nessun modo la Chiesa può limitarsi a una pastorale di ‘mantenimento’, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo”, aveva ammonito Papa Francesco nella messa di sabato. “Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale”. E aveva citato Benedetto XVI, salutato con i 13 nuovi cardinali subito dopo il Concistoro (vedi a pagina 18), aggiungendo subito dopo: “perché la Chiesa è in cammino, sempre in movimento, mai deve stare ferma”. “Il dono che abbiamo ricevuto è un fuoco, è amore bruciante a Dio e ai fratelli”, aveva concluso ricordando le parole di san Paolo.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina