Orbàn e il possibile contagio delle nostre democrazie

Il premier ungherese Victor Orbàn

Nella dura battaglia contro la diffusione di Covid-19 le nostre democrazie hanno preso misure di emergenza straordinarie. Misure che hanno perfino toccato libertà e diritti “inalienabili” degli individui come la libertà di movimento, il confinamento a casa e il conseguente divieto di aggregazione sociale, il blocco delle attività lavorative e scolastiche e così via. Ma con due garanzie ben precise: la prima è che si tratta di interventi a tempo, anche se non è possibile calcolarlo esattamente a priori; la seconda è che i decreti e i provvedimenti legislativi conseguenti passano al vaglio e approvazione dei parlamenti nazionali.

Ma per quanto riguarda l’UE, che sulle libertà individuali ha costruito la sua identità, vi è chi approfitta di questa emergenza per consolidare il proprio potere personale: Viktor Orbàn, primo ministro ungherese.

Con un colpo di mano reso possibile dalla sua stragrande maggioranza in parlamento, Orbàn ha fatto passare con 137 voti favorevoli e 53 contrari una legge che definire liberticida appare un eufemismo. Con la scusa della lotta al Coronavirus il leader ungherese ha infatti ottenuto per sé poteri di decretazione esclusivi, senza cioè essere obbligato a passare per l’approvazione parlamentare.

In più la nuova legge non fissa alcun termine a questo potere emergenziale, permette al presidente di sospendere leggi precedenti, commina pene severissime per la stampa in caso di notizie che il governo giudichi inappropriate. Insomma, Viktor Orbàn è riuscito nel suo intento, lungamente e apertamente dichiarato, di dare forma definitiva a quella che lui chiama “democrazia illiberale”. Un regime chiaramente autoritario si è quindi insediato all’interno dell’Unione europea. Una constatazione drammaticamente allarmante e i cui effetti andranno ben oltre il periodo emergenziale del Covid-19 con cui l’intera Unione è oggi costretta a confrontarsi.

Eppure, tutta presa dalla guerra al Coronavirus, la reazione dell’Ue alla sfida di Orbàn è stata complessivamente moderata. Tredici paesi, fra cui l’Italia, hanno condannato pubblicamente la decisione ungherese e le stesse istituzioni comunitarie, a cominciare dalla Commissione, si sono limitate a deprecarla, ma spesso con parole generiche e giri di frasi, senza mai nominare direttamente il leader ungherese.

Fa in effetti fatica a farsi strada la comprensione della gravità della mossa ungherese per l’intera Unione e per la sua credibilità interna e internazionale. La sfida di Orbàn non è da sottovalutare perché mette in forse uno dei pilastri su cui si fonda l’UE e cioè il suo carattere democratico, che non è solo quello delle sue istituzioni rappresentative (Commissione e Parlamento), ma anche e soprattutto dei suoi paesi membri.

Già oggi, di fronte alla scarsa solidarietà che alcuni paesi del nord Europa dimostrano nei confronti di coloro che sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia, cominciano ad aumentare nelle opinioni pubbliche nazionali dubbi profondi sulla validità dell’attuale modello politico-istituzionale dell’UE. Se poi a questi dubbi si aggiungeranno in futuro comportamenti autoritari in alcune delle nostre democrazie nazionali è abbastanza evidente che l’intera struttura dell’UE sarà destinata a crollare miseramente.

Va infatti ricordato che l’UE nasce per evitare il riprodursi in Europa delle dittature del passato e per allontanare in via definitiva il rischio di un ritorno del nazionalismo nel nostro continente. L’atteggiamento autoritario di un paese come l’Ungheria (ma anche della Polonia, anch’essa in odore antidemocratico) non fa che riproporre fantasmi del passato. In effetti una delle ragioni profonde del sostegno politico interno che Orbàn è riuscito a conquistarsi in questi dieci anni al potere si basa largamente su un discorso nazionalista. Esso è cominciato nel 2015 sulla base della paura creata dal grande flusso di immigrati dalla Siria, che ha permesso ad Orbàn di chiudere con le barriere di filo spinato i suoi confini a sud. A ciò è seguito il suo rifiuto di accogliere anche piccole quote di rifugiati dall’Italia e dalla Grecia. Ed oggi la sfida nazionalista si ripropone con la scusa del blocco dei confini e delle libertà per combattere il Coronavirus.

L’UE, che aveva a suo tempo già avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Ungheria per violazione delle regole democratiche, dovrebbe dare priorità alla conclusione dell’iter di sospensione dell’Ungheria dalle istituzioni comunitarie. Altrimenti oltre al contagio del Coronavirus, essa rischia pure il contagio alla propria democrazia.

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