Coronavirus, Tiziano Gobber è guarito: “Ancora qualche giorno e torno al lavoro”

Tiziano Gobber, 64 anni ad agosto, abita a Tonadico. È presidente del Comitato di Trento della Croce Rossa Italiana

Dall’altra parte del telefono risponde una voce ansimante. Il respiro è faticoso, come quando fai una grande corsa e ti pieghi con le mani sulle ginocchia. Tiziano Gobber non ha appena fatto uno scatto da centometrista. Ha battuto il virus dopo una lunga maratona, quasi in volata, al termine di una complicata sfida durata cinquanta giorni.

La notizia della doppia negatività al tampone è giunta la scorsa settimana. Ad esultare aspetta ancora un po’, attende lo stesso esito anche per la moglie, ma il peggio è passato.

Tiziano, 64 anni ad agosto, abita a Tonadico ma è originario di Caoria, nella valle del Vanoi. A febbraio è diventato presidente del Comitato di Trento della Croce Rossa Italiana, dopo quattro anni nel consiglio provinciale e molti di più da responsabile del gruppo di Canal San Bovo. I primi giorni di aprile ha accusato i sintomi del virus, è giunta poi la positività e il successivo ricovero all’ospedale di Belluno, seguito da una lenta ripresa fino alla notizia dell’avvenuta guarigione.

Come sta, Tiziano?

Non ho ancora ripreso completamente il fiato, faccio ancora fatica a respirare, ma il peggio è passato.

Come ha scoperto di avere contratto il virus?

I primi sintomi sono emersi all’inizio di aprile. Ho fatto il tampone e sono risultato positivo, decidendo però di trascorrere il periodo di quarantena a casa, assieme a tutta la mia famiglia. Non ero cosciente del rischio che stavo correndo: volevo provare a cavarmela in casa mia, ma giorno dopo giorno la situazione peggiorava. Non riuscivo più né a mangiare né a dormire, avevo male dappertutto e tossivo, chiudevo gli occhi e avevo le visioni. Così dopo due settimane io e mia moglie, anche lei positiva, siamo stati ricoverati al Covid Hospital di Belluno nel reparto in cui vengono curate le malattie del respiro.

In che condizioni siete entrati all’interno dell’ospedale?

Siamo arrivati a Belluno che era quasi tardi. La nostra salute presentava complicazioni abbastanza grosse, possiamo dire che ce la siamo cavata con una buona dose di fortuna. Penso che se fossimo finiti in terapia intensiva non ce l’avremo fatta ad uscirne vivi.

Come è stata la permanenza all’interno della struttura?

Sono arrivato il 16 aprile, il primo maggio sono stato dimesso. Io e mia moglie siamo entrati e usciti assieme. Eravamo nella stessa stanza, senza ovviamente nessun contatto con l’esterno. Nella sfortuna siamo rimasti sempre vicini.

Quali sono i ricordi che le tornano in mente di quelle due settimane all’interno del Covid Hospital?

È stato un periodo lungo, tutto il giorno rinchiuso in una stanza e poter solamente guardare fuori dalla finestra. Medici e infermieri ci hanno trattato benissimo, sono stati tutti educati e premurosi, ma siamo tornati volentieri a casa non appena ne abbiamo avuto la possibilità.

Che cosa le è stato di maggior aiuto e di conforto per provare a sopravvivere?

Lo spirito di sopravvivenza mi ha aiutato ad andare avanti e rialzarmi. Quando ho visto che cominciavo a stare meglio mi sono detto che ce l’avrei fatta.

I colleghi della Croce Rossa saranno stati in pensiero…
In queste settimane ho potuto scoprire che ho un gruppo di persone splendide, che si dà da fare. L’impegno in Croce Rossa è proseguito a gonfie vele, ora ho cominciato a seguire qualche video conferenza. Ancora qualche giorno per rimettermi del tutto e poi torno al lavoro. Ci sono ancora tantissime cose da fare.

Ci spieghi meglio.

L’impegno che ci spetta nel futuro prossimo è grande. Sembra che tutto sia passato, ma non è così. Sul territorio i prelievi proseguono, c’è un grande lavoro di organizzazione che coinvolge i dipendenti della Croce Rossa. I miei ragazzi stanno facendo un lavoro eccezionale.

Nel proseguo della sua vita cosa pensa segnerà questa sofferta parentesi?

Credo che d’ora in avanti vedrò la vita in un modo migliore. Sarò più tranquillo, non vale la pena prendersela più di tanto e arrabbiarsi. Ricordiamoci che noi, su questa terra, siamo di passaggio.

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