“Novanta giorni”, l’alpeggio diventa un monologo in malga

Il libro-diario che racconta l’esperienza in malga di Francesco Gubert è diventato un monologo teatrale interpretato dall’attore Giuliano Comin. Uno spettacolo itinerante tra malghe, pascoli e giardini

“Suona il telefono, uno di quei vecchi Nokia a tasti, generazione anni Novanta. “Ciao Francesco, sono Alessandro. Cercano un casaro per una malga in Valsugana”. Tipica chiamata che non ti aspetti, mentre sei preso a fare tutt’altro e l’ultima cosa a cui pensi è pianificare il tuo futuro lavorativo”.

Inizia così “Novanta giorni – Diario di una stagione in alpeggio” (Albatros, 2020), libro-diario che racconta l’esperienza in malga di Francesco Gubert, maestro assaggiatore di formaggi. Scritto l’anno scorso e inizialmente pubblicato tramite Amazon, “Novanta giorni” è diventato anche un monologo teatrale interpretato dall’attore Giuliano Comin. “Si tratta di un teatro essenziale: tutto ciò che serve per inscenarlo può essere messo all’interno di uno zaino. Stiamo portando e porteremo il monologo nelle malghe, nei pascoli e nei giardini. Un teatro all’aria aperta quindi, con un pubblico ridotto. Però molto emozionante, per quanto mi riguarda”, spiega Francesco. Il prossimo appuntamento è per sabato 12 settembre a Malga Casapinello, a Torcegno.

Francesco Gubert, maestro assaggiatore di formaggi

Il libro e il monologo sono nati dieci anni dopo l’esperienza in malga di Francesco. Ripercorrono il momento in cui, venticinquenne con due lauree in Scienze agrarie in tasca, decide di lasciare il dottorato che sta svolgendo a Vienna, dove studia i modelli matematici per la previsione della crescita dell’erba. Dopo una prima stagione in malga in Svizzera che lo entusiasma, ne arriva un’altra, quella in Valsugana, che lo mette alla prova. “Nel libro racconto la difficoltà di essere in malga: giovane, inesperto e con grandi responsabilità, a gestire una situazione comunque complessa, un lavoro intenso…”, precisa Francesco.

In dieci anni solitamente i ricordi sbiadiscono e può diventare difficile scriverci un libro. In realtà, però, le 105 pagine di “Novanta giorni” sono ricche di dettagli, come in un vero e proprio diario scritto giorno dopo giorno. “Ho usato il tempo verbale del presente proprio per tornare lì con la testa, e mentre tornavo lì sono venute fuori le parole. I ricordi erano vividi in una maniera incredibile.

Scrivendo si ripopolava la mente di quelle immagini e di quelle sensazioni”, spiega Francesco. Immagini e sensazioni gradevoli, come la “soddisfazione di produrre cose buone” – burro, ricotta e formaggio – ma anche ricordi di difficoltà. “In malga ti pesti i piedi, vivi assieme a persone che non sono i tuoi familiari, ma semplicemente altri dipendenti della malga, dove ci sono tre ruoli ben definiti: il casaro, che trasforma il latte e fa i prodotti, il pastore, che si occupa di portare al pascolo gli animali, e il tuttofare, che dà una mano a mungere, pulisce la stalla e prepara un boccone per pranzo”, racconta Francesco.

È stato dopo quell’esperienza che Francesco ha deciso di diventare maestro assaggiatore di formaggi: oggi racconta i formaggi di malga del Trentino in diversi contesti: tiene corsi, organizza serate di degustazione ed eventi. “E poi sono diventato in un certo senso tecnico delle malghe: se una malga ha bisogno, se il formaggio non viene bene, se vuole innovare su determinate cose, faccio il consulente. Quindi non ho più fatto il casaro, ma sono diventato consulente dei casari”, spiega. Girando per le malghe, racconta Francesco, si vedono tanti giovani: alcuni agricoltori, altri che invece non hanno mai avuto nulla a che fare con l’agricoltura, ma che seguono il richiamo a una vita più essenziale, legata alle cose autentiche.

“Il tema che emerge dal libro è che bisogna essere preparati: il lavoro in malga non te lo inventi da un giorno all’altro. È bello che ci siano giovani – è promettente, vuol dire che le malghe hanno un futuro – però bisogna investire molto sulla formazione delle persone”, riflette Francesco. “Da noi in Trentino non c’è un corso per diventare malghesi, come invece in Alto Adige e in alcune zone della Svizzera e dell’Austria, dove ci sono dei corsi invernali per poter lavorare in malga. Quindi, probabilmente la strada più intelligente è quella dell’esperienza: se si vuole lavorare nel mondo della malga si inizia come tuttofare, poi ci si affianca a un pastore e, se si ha la passione del caseificio, si può fare l’aiuto casaro. È un mestiere che s’impara con l’esperienza. La mia esperienza, quella che racconto nel libro, è quella di un giovane che si trova a gestire la malga senza aver fatto questo percorso, in maniera un po’ improvvisata”.

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