Il Qatargate mina profondamente la credibilità dell’Europarlamento

Roberta Metsola, Presidente del Parlamento Europeo, relaziona sul caso di corruzione. Foto © Sir/PE

Non c’è pace per l’Unione Europea. Alle prese con la guerra in Ucraina, con una crescente inflazione e soprattutto con un latente euroscetticismo in quasi tutti i 27 paesi membri, essa è oggi costretta a difendere la propria reputazione e immagine a causa del disgraziato scandalo di corruzione all’interno del Parlamento di Strasburgo.

Lo stesso commissario europeo Paolo Gentiloni ha sentito la necessità di dichiarare che se questa vicenda, soprannominata dalla stampa “Qatargate”, sarà confermata potrebbe essere una delle più drammatiche storie di corruzione di questi anni. Alcuni aspetti di questa cronaca nera sono vagamente farseschi. Un padre anziano bloccato dalla polizia belga mentre cerca di portare al sicuro, trascinando un trolley carico di euro, il malloppo illegale della figlia, la vicepresidente greca del Pe, Eva Kaili.

Le sacche di euro nella casa dell’ex parlamentare europeo, l’italiano Antonio Panzeri. Insomma, quasi una storia di famiglia allargata, greco-italiana, oggetto di elargizioni non proprio legali da parte di uno stato del Medio Oriente che è facile individuare nel Qatar, ospite dei mondiali di calcio. Una vicenda che i sociologi americani definirebbero di “familismo amorale” e che oggi si può applicare a questo piccolo, ma agguerrito clan di parlamentari europei e loro assistenti. Spiace poi che dei sei personaggi finiti nell’inchiesta belga ben cinque siano italiani e non ci consola il fatto che la figura di spicco sia una greca. Guarda caso, un’ulteriore conferma che vede Italia e Grecia fra i paesi più corrotti dei 27.

Una fama che ci portiamo dietro nell’Unione Europea e che tende a riemergere allorquando le nostre richieste e i nostri interessi vengono trattati sui tavoli decisionali dell’UE, con il rischio che la nostra pessima fama finisca per penalizzarci. Al di là di questi aspetti di contorno dell’intero scandalo le conseguenze riguardano da vicino sia il ruolo del Parlamento europeo sia la crisi politica che ne consegue, dal momento che quasi tutti gli indagati fanno parte del partito dei Socialisti e Democratici europei.

La prima questione da comprendere riguarda l’interesse degli emissari del Qatar o di qualsiasi altro stato nei confronti del Parlamento europeo. Nella percezione della gente l’istituzione PE è spesso considerata come priva di veri e propri poteri. In effetti rispetto ad alcuni parlamenti nazionali quello europeo ha competenze molto più limitate. Ad esempio non ha la possibilità di proporre leggi o direttive. Manca cioè della funzione legislativa.

Tuttavia compensa questa deficienza con un grande potere sul bilancio dell’UE e nel dialogare con il Consiglio dei ministri europei sulle decisioni più importanti delle politiche comuni. Essendo poi l’unica istituzione eletta direttamente dai cittadini dell’UE, esso ha quindi acquisito un’immagine di democrazia e di tutela dei diritti e dei valori dell’Unione. Uno scandalo al suo interno può quindi indebolire la sua forza esterna. Nel caso in questione si trattava di evitare al Qatar una forte condanna da parte del PE per la violazione dei diritti dei lavoratori immigrati in quel paese, il cui ruolo è stato di fondamentale importanza per la costruzione di stadi e strutture in vista dei mondiali di calcio. Si calcola, infatti, che in questi anni vi siano stati migliaia di morti fra i lavoratori a causa della scarsa attenzione delle regole e dei loro diritti.

Compito del gruppetto di corrotti era proprio quello di rendere meno gravi le risoluzioni del PE in materia. Cosa che non è riuscita del tutto, poiché malgrado la Kaili abbia fatto interventi in aula sostenendo che il Qatar aveva compiuto grandi passi nella tutela del lavoro, la risoluzione di condanna è poi passata a schiacciante maggioranza il 21 novembre di quest’anno. Ma oggi di questa risoluzione quasi non si parla, mentre a soffrirne è l’immagine e il ruolo del PE

Per di più, le conseguenze negative della corruzione si sono riversate quasi automaticamente sull’intero gruppo dei socialisti europei mettendo in crisi non solo i componenti del PE, ma anche tutti i socialisti dei parlamenti nazionali che di riflesso ricevono le critiche da parte degli schieramenti politici opposti. Poco hanno potuto fare le immediate espulsioni dei colpevoli sia a livello europeo che nazionale. Ormai il danno era stato fatto.

Si ripropongono quindi divisioni sia a livello partitico sia fra paesi cosiddetti virtuosi del nord Europa e paesi corruttibili del sud Europa. Una vera e propria tegola sull’UE e sulla sua capacità di proteggere la democrazia, la trasparenza e i valori su cui si basa e che vengono messi in questione da una vicenda in tutta franchezza minore. Non è infatti paragonabile questa sfida da parte di un gruppetto di lestofanti con quelle ben più gravi che vengono da paesi come l’Ungheria e la Polonia o da altri che violano le regole democratiche dell’UE.

Un piccolo caso, quindi, che può avere conseguenze gravi perché non fa che rendere sempre più precaria la coesione dell’Unione. Neppure Vladimir Putin con le sue azioni divisive e con i suoi tentativi di demolizione della coesione dell’UE sarebbe riuscito a creare maggiori imbarazzi e danni all’Unione. Ora è necessario per Bruxelles agire tempestivamente e dare vita ad un nuovo codice etico e ad un organismo indipendente con poteri di indagine e imposizione, come da tempo chiede la Commissione. Non dobbiamo permettere ai nemici interni di mettere a rischio la nostra democrazia che ci serve enormemente per fronteggiare i nemici esterni, autocrazie e dittature, sempre più numerosi e agguerriti.

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