Un sogno di Chiesa in tre passaggi

Siamo ancora capaci di sognare una Chiesa bella, viva, che sia casa per tutti?
E di farlo insieme? Il sogno concreto di adulti che sanno guardare oltre, permettendo ai giovani di coltivare visioni nuove; di pastori che si mettono accanto ai laici per sperimentare insieme forme nuove di comunità; di ragazzi resi protagonisti e missionari nei loro luoghi e con le loro capacità sorprendenti.

Di ritorno da Castel Gandolfo, dove per quattro giorni ci siamo interrogati come responsabili diocesani di Azione Cattolica su “La Chiesa che sogniamo”, provo a partire da quella esperienza ricca di dialogo intergenerazionale e interecclesiale per riproporre in tre passaggi questa realtà in divenire di Chiesa gioiosa e accogliente, che lascia respirare l’amore di Dio e lo fa incontrare. Passi da fare insieme, come comunità che ripartono nelle attività pastorali dopo la pausa estiva.

Il primo passo è la gratitudine per l’amore di Dio: solo chi si riconosce amato e amabile ha dentro il desiderio e la spinta per cercare l’altro. Con cuore e mente disponibili alle domande, con umiltà, consapevole che la verità e la bellezza abitano nel cuore di ogni persona, pronto ad andare incontro e a lasciarsi cambiare dall’altro. Con la creativa e ostinata passione di don Lorenzo Milani e con un linguaggio che canta il nome delle cose per farle esistere (come abbiamo sperimentato, a partire dall’arte e dal racconto di esperienze personali). Gratitudine è dire grazie e farlo gratis, diventando fecondi attraverso l’essere attenti, il mettere in movimento la memoria del cuore e gli atti di bontà gratuita.

Il secondo passo è l’essere radicati, che secondo l’abate di San Miniato padre Bernardo Gianni “porta al germogliare e non ad essere bozzoli rinchiusi in una crisalide”. Radicati in Cristo, perché la Chiesa è un luogo di attraversamento ed è missionaria proprio quando è in crisi, sottosopra, dispersa, profuga, migrante… Perché sa che “il Signore è presente, dorme a poppa e si fida di noi, del noi” come ha sottolineato il Presidente nazionale AC Giuseppe Notarstefano. Perché una Chiesa capace di sognare – ci ha narrato la teologa battista Lidia Maggi – è appassionata e sa cercare, fare domande, essere solidale, dire sempre “alzati”, immagine del “Dio delle seconde volte” che ama di amore gratuito e infinito ogni uomo e ogni donna in qualsiasi situazione.

Radicati anche nel territorio: la città, luogo in accelerazione e “spazio denso che può diventare arido di relazioni”; la comunità, dove non siamo più ostaggio del nostro io e possiamo vedere e mostrare luce, speranza, vita e futuro dove altri vedono solo buio; i luoghi della cultura e dell’educazione, antidoto alla solitudine e all’individualismo dove la Chiesa promuove armonia e riconciliazione. La Chiesa sognata è allora realtà immersa nel presente che aiuta a comprendere il nostro tempo, trasformandolo. Sa custodire la storia ed è chiamata verso il futuro con le porte spalancate.

Il terzo passo è prendersi cura, accompagnare. Insieme impariamo a rendere abitabile la Chiesa come spazio di vita aperto, non giudicante, compatibile con i ritmi e i tempi di oggi, che cammina insieme a tutti, al passo degli ultimi, nella prossimità, sperimentando senza aver paura di sbagliare, con percorsi vicini al vissuto di ogni persona, a partire dal territorio, nell’ascolto, arricchita dall’intergenerazionalità. Una Chiesa che “siamo noi”: secondo don Luigi Ciotti, sentendoci “con-sorti” perché parte di una stessa sorte; con “meno io e più noi”, in cui “Laudato si’ deve diventare Laudato qui”, che “sa da che parte stare”, perché “insieme è possibile e a Dio nulla è impossibile”.

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