Alla Mostra del cinema di Venezia c’è il mondo ai margini e la realtà della guerra

Caratteristica di un grande festival come quello di Venezia dovrebbe essere riuscire a tenere insieme il fascino del red carpet dove passano star e starlette protagoniste dei film più acclamati con le proposte magari più originali che seguono traiettorie e percorsi meno tracciati e praticati. Ma la 79a edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica che sabato assegnerà i Leoni non ha trovato un equilibrio. Per una serie di motivi. Non ultimo la presenza ormai invasiva delle piattaforme televisive che in diversi casi sono produttrici dei film in concorso con conseguente dilatazione della durata delle pellicole, molte volte non necessaria, e una costruzione ad hoc per adattare la storia ai tempi tv.

Tra i motivi che hanno contribuito a rendere la Mostra complessivamente poco convincente rispetto ad altre precedenti, suscitando parecchi malumori tra le migliaia di accreditati ma anche fra il pubblico, una programmazione senza logica e il sistema di prenotazione online per accedere alle sale, ormai al terzo anno, macchinoso e farraginoso. Con il risultato che più di una volta le sale che sarebbero dovute risultare piene nella realtà presentavano ampi spazi vuoti.

In attesa della proclamazione dei vincitori, le chiacchiere sono parecchie. I pronostici si sprecano. Spesso e volentieri, come nelle edizioni scorse, probabilmente smentite dalle decisioni della giuria che quest’anno è presieduta da Julianne Moore.

Più che il concorso, almeno per adesso, meglio guardare ad altre sezioni o ai film fuori concorso. Tra questi, alcuni investono direttamente la realtà o comunque la richiamano.

“Libertà in fiamme: la lotta dell’Ucraina per la libertà” di Evgeny Afineevsky “documenta – come afferma il regista – gli atroci eventi accaduti in Ucraina con l’invasione da parte dell’esercito russo per ordine di Putin. Come è avvenuta questa tragica guerra? è avvenuta ora oppure otto anni fa (con il conflitto in Donbass, ndr) ed è semplicemente passata inosservata agli occhi del mondo? E dove ha trovato il popolo ucraino la forza e la rabbia per combattere? Cosa succederà dopo? Abbiamo cercato di rispondere a queste domande e di raccontare la storia in maniera più completa possibile”.

Quasi da contraltare, un altro documentario, in questo caso costruito con materiali d’archivio. Dell’ucraino Sergei Loznitsa, “The Kiev trial” sul processo che, nel 1946, mise alla sbarra, nella capitale ucraina, allora Unione Sovietica, i nazisti invasori. “Quando ho iniziato questo progetto nel 2021 – ha detto il regista, presente in sala – non avrei potuto immaginare, neppure nel mio incubo peggiore, che l’Ucraina sarebbe diventata nuovamente un campo di battaglia e che civili innocenti sarebbero stati ancora sottoposti a brutali violenze. Solo che questa volta i barbari invasori indossano uniformi russe”.

Di un’altra guerra, anzi, di un assedio, quello di Sarajevo degli anni Novanta, soprattutto delle sue conseguenze ancora persistenti dopo trent’anni, si occupa “L’uomo più felice del mondo” della macedone Teona Strugar Mitevska (già autrice di “Dio è donna e si chiama Petrunya”). In un albergo anni Ottanta una società organizza incontri di speed dating, quelli dove vengono appaiati un uomo e una donna che non si conoscono e si svelano l’un l’altro seguendo una serie di passaggi stabiliti di domande con relative risposte e prove. Asja, quarantenne single incontra Zoran, che di mestiere fa il bancario e che si rivelerà essere il cecchino che aveva sparato alla donna ferendola gravemente durante l’assedio. è una confessione, quella di Zoran, che chiede il perdono di Asja. “Questa è una storia sulla precarietà della vita – afferma la regista – sugli incontro casuali che uniscono l’aggressore e la vittima, riportando in vita il passato doloroso. E poi c’è la città sofferente di Sarajevo, testimonianza delle ferite aperte e dei dolori del passato”.

A Madrid, in Spagna, è invece ambientato “Ai margini” di Juan Diego Botto, attore spagnolo nato in Argentina qui al suo debutto nella regia. Con Penelope Cruz e Luis Tosar, magnifico nella parte di un avvocato che sta dalla parte di chi sta “ai margini”. Al centro del racconto la crisi economica di cui una delle manifestazioni è rappresentata dagli sfratti, oltre 100 al giorno in Spagna, di chi non riesce più a pagare il mutuo. “è un film sulla famiglia – sottolinea l’autore – sull’amore e la solidarietà. Un conto alla rovescia per le storie intrecciate di tre protagonisti che cercano di restare a galla e superare le ventiquattro ore che cambieranno la loro vita”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina