Luci e ombre di coppie in attesa

Classificato dalla Rai come un docu-reality, in effetti Coppie in attesa (Raidue, giovedi, ore 21.10), è una fiction monotematica ad episodi, che si intersecano e intrecciano grazie all’uso del montaggio alternato. Gli episodi corrispondono alle storie di otto coppie durante la gravidanza e fino a un mese dopo il parto, mentre l’effetto documentario è reso mediante una descrittività prolungata e diffusa, che a tratti ristagna in staticità e ripetitività, interrotta soltanto dalle sequenze più drammatiche e patetiche del parto. Tuttavia, se si considera che il dato più basso di natalità in Europa e nel mondo appartiene all’Italia, più che la qualità estetica contano i valori impliciti nel messaggio che questo reality rivolge alle giovani coppie sulla bellezza della maternità e della paternità, nonostante tutte le criticità possibili. Quasi a voler fornire un manuale sull’argomento, sono rappresentate varie tipologie di coppie: di estrazione sociale diversa, del Nord e del Sud d’Italia, coniugate o conviventi. Prevalgono le coppie che vivono questa esperienza per la prima volta tra i trentacinque e i quarant’anni , una di queste, avvalendosi della fecondazione assistita; ma fra i protagonisti figurano anche i siracusani Ugo e Lucrezia -19 anni lui, 15 lei- ed i coniugi triestini Silvana e Michele, in attesa dell’ottavo figlio. Il compito di rappresentare l’Italia multietnica spetta all’unione del romano Luca con la giapponese Ruriko. I luoghi comuni abbondano con le loro parziali verità; si possono citare il caso di Anna, madre di Luca, autoritaria e oppressiva verso Ruriko, per sciogliersi di tenerezza alla vista della piccola Midori e quello di Ugo che, dopo l’abbandono della fidanzata alla notizia della gravidanza, troverà in un sofferto travaglio interiore l’amore e il coraggio per farsi carico di una precoce paternità. Coppie in attesa investe molto sui sentimenti, sorride sulle cure per accogliere e accudire il neonato, ereditando l’antica certezza che porterà in dono ai genitori un legame reciproco più profondo, ma intende soprattutto dimostrare che si sta affermando una concezione più sensibile e responsabile della paternità. Queste componenti costituiscono il livello più alto della fiction-pensiero, la linea del suo orizzonte. Ogni dimensione religiosa (almeno nelle puntate trasmesse) è assente. Sullo schermo compare più volte la scritta: “l’Italia è questa”, riferita alle coppie, forse è un Paese laicista ad oltranza o ateo? Si può comprendere che la mamma giapponese si mostri contraria al battesimo della neonata, che nonna Anna desidererebbe, lasciando a Midori, quando sarà più grande, la decisione, ma è paradossale che il professionista benestante Francesco dichiari l’importanza del battesimo per scambiarlo poi con l’allestimento di una festa più consona a sontuose nozze, che fungerà da scenario per il suo buffo narcisismo.

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