I giovani e il tabu della morte

Sono un insegnante e nei mesi scorsi, proprio a scuola, ci siamo incontrati più volte, parlando a diversi studenti delle superiori di temi importanti e difficili come quelli della malattia e della morte. Negli ultimi decenni si è scritto e detto molto sul fatto che questi aspetti della vita siano divenuti dei temi tabù. Tu cosa ne pensi? I ragazzi che hai incontrato dimostrano di subire questi tabù o hai trovato giovani meno impauriti e più maturi di come molte volte vengono descritti? Da questi incontri, e dai molti altri che hai avuto in questi anni, cosa pensi dei nostri giovani che vivono in Trentino?

Stefano

Grazie Stefano, con te posso giocare in casa, benché la domanda che mi hai posto non sia affatto semplice. Quando si parla di giovani, spesso si cade in banali generalizzazioni che poi diventano stereotipi, ripetuti dai vari “esperti” e ripresi dai mezzi di informazione. Intanto, chi sono i giovani? Penso che delimitare questa categoria soltanto con l’asticella dell’età (che sembra dover essere collocata sempre più in alto: adesso ci sono giovani di 45 anni!) sia profondamente fuorviante. Contano di più le esperienze personali, le situazioni concrete che si sono vissute e che si vivono. A prescindere dall’età, chi per esempio abita da solo in maniera autonoma, chi lavora, chi ha già un significativo legame di coppia, magari già con figli, è quasi costretto ad essere più adulto di una persona ancora dipendente dalla famiglia, non entrata nel mondo del lavoro, in attesa di fare quelle esperienze decisive che sanciscono la fine della giovinezza.

Mi riferisco qui soltanto a quei ragazzi che stanno per finire le scuole superiori: sono loro che abbiamo incontrato insieme. Non è facile riassumere sinteticamente quale impressione mi hanno dato. Impossibile capire da fuori che cosa si muove nel loro cuore. Al primo sguardo tuttavia io ho riscontrato molti elementi positivi. Innanzitutto ci sono pochi preconcetti; c’è molta libertà di comportamento e di pensiero. Certamente questo può portare anche a un certo disorientamento, poiché non ci sono molti punti di riferimento chiari. Apprezzo però questa possibilità di costruire la propria vita secondo i propri orientamenti culturali e valoriali. Penso che la scuola non debba avere la pretesa di formare e di educare i ragazzi secondo un modello standard, ma che invece abbia il compito di orientarli affinché siano loro stessi a compiere scelte consapevoli.

Venendo al nostro tema, mi sembra abbastanza scontato che ragazzi pieni di salute e di voglia di vivere non pensino molto spesso alla malattia e alla morte. Sarebbe grave e preoccupante se lo facessero. A volte siamo propensi a ritenere che i giovani debbano avere per forza qualche problema e che non possano essere troppo positivi e spensierati… Credo invece che gli adulti farebbero meglio a proporre esempi capace di testimoniare la bellezza e la gioia della vita. Per apprezzare questa bellezza occorre sostare anche sugli aspetti negativi, su quegli eventi che mettono in scacco la nostra esistenza. Il contrario non funziona: se si insiste sugli elementi problematici, i ragazzi cercheranno altrove ciò che può riempire il loro cuore. Sappiamo che la vita è piena di dolore, mancanza, angoscia e delusione; non possiamo dimenticarci di questo; ma, a mio parere, prima è necessario evidenziare il buono e il bello, ciò che ci conduce alla felicità.

Occorre parlare di amore, pace, rispetto e tolleranza, sottolineando come non sia impossibile costruire solidi rapporti di amicizia e affetto. Poi certo non va ignorato il lato oscuro della vita. Per la mia situazione personale di salute, spesso sono chiamato a discutere di quei temi tabù come la malattia e la morte. Non mi sembra che i ragazzi vogliano scansare questi argomenti; perché forse sono percepiti da loro come lontani, avulsi dalle loro priorità quotidiane… Eppure sono attenti e desiderosi di discutere di questo.

Forse è più difficile confrontarsi con il limite. La morte è il limite per eccellenza, mentre la malattia riduce la tua libertà. A mio avviso è questo l’elemento discriminante – e forse più arduo da affrontare. Se la morte può sembrare lontana, il limite lo incontriamo ogni giorno. Gli altri rappresentano un limite alla tua libertà. Ma anche l’unico appoggio che abbiamo. La sofferenza ci può far capire che abbiamo dei limiti, che abbiamo bisogno degli altri, che possiamo fare grandi cose insieme agli altri: a dovremmo parlare quando ci confrontiamo con i ragazzi.

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