Un frutto del lockdown: i giovani che prestano ascolto agli anziani

Il novembre altoatesino sarà orfano di un appuntamento certamente di second’ordine, ma che coinvolgeva pur sempre qualche migliaio di volontari. La raccolta degli indumenti usati organizzata dalla Caritas diocesana quest’anno non si farà. La grande azione, prevista per il 7 novembre, cade vittima del coronavirus e della situazione economia internazionale che consiglia di occuparsi d’altro.

Tuttavia il 7 novembre – sempre nei limiti imposti dalla pandemia – i volontari avranno un’alternativa. Sono chiamati a guardarsi intorno, a vedere dove ci sono persone sole e soprattutto anziani, e a entrare con loro in relazione. Si può dare libero sfogo alla fantasia.

L’idea nasce dalla constatazione che proprio le persone anziane sono state quelle maggiormente penalizzate dalla crisi sanitaria, soprattutto durante il lockdown, ma anche dopo per coloro che vivono in una casa di riposo. Che i giovani, ad esempio, si prendano cura di nonni e nonne, come hanno fatto in primavera, è certamente uno dei frutti buoni di un anno altrimenti da dimenticare.

La Caritas altoatesina, che è presente nelle case di riposo o a domicilio con il servizio Hospice, ha proposto una riflessione pubblica sulla situazione che si è verificata nei mesi scorsi. “Ascoltare sviluppa il senso di comunità” è il titolo della presa di posizione diffusa qualche settimana fa. “Poter decidere autonomamente e essere accuditi bene sono i desideri che esprime la maggior parte delle persone in situazione di grave malattia, nella fase finale della vita o in età avanzata”. La pandemia ha mostrato quanto rapidamente si arriva al limite delle proprie capacità di prendersi cura delle persone bisognose di aiuto. “L’impotenza di fronte a questi limiti è stata e rimane un fattore che giornalmente continuiamo a vivere e percepire nel rapporto con gli anziani e con chi è in difficoltà. Ognuno di noi fa del suo meglio per trovare le risposte più adatte. In alcune situazioni sono state cercate e trovate soluzioni senza però ascoltare e considerare la voce dei diretti interessati rispetto ai loro reali bisogni”.

Ascoltare le persone coinvolte, dunque, prima di sviluppare interventi e procedure.

“La Caritas diocesana, attraverso l’operato dei suoi volontari e collaboratori del servizio Hospice, sperimenta spesso che le persone anziane o gravemente malate non vogliono essere di peso per nessuno e per questo tendono a non esprimere esplicitamente i loro effettivi bisogni e le loro preoccupazioni”. La malattia provocata dal coronavirus “ha fatto emergere e dimostrato la grande fragilità e l’impotenza della nostra società soprattutto di fronte alla morte”. Le malattie che conducono a una morte inevitabile “sono per la nostra società difficili da accettare e sopportare”. È necessario riflettere in modo consapevole su cosa significhi davvero salute o malattia per le stesse persone malate o per le persone anziane.

“Il malato e l’anziano devono essere posti al centro di questa riflessione. La vita e l’età di una persona non possono essere ridotte a un numero relativo all’aspettativa di vita. Dobbiamo piuttosto discutere e focalizzarci sulla qualità di vita”, mettendo al centro, come metro di giudizio, “la dignità e il rispetto della persona nella sua integrità”. Qualità di vita fino alla fine, valore e dignità della persona anziana hanno per la comunità cristiana un immenso valore. “Vogliamo che le persone anziane nella nostra società possano vedersi riconoscere i propri desideri e bisogni, specialmente quello di relazione con l’altro. Rendere loro possibile vivere appieno la vicinanza e il senso di comunità con i propri familiari e cari” è il messaggio oggi da esprimere a tutti i livelli, anche in considerazione della ripresa della pandemia.

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