È proprio vero, don Lauro, “la vita ci aspetta”

“Forse è molto femminile questo soffermarmi sulla relazione. Non è un caso. Se siamo donne, ci portiamo nel DNA l'attenzione alle persone. Se siamo madri, ci portiamo addosso l'impegno di tessere incontro e confronto dentro le nostre famiglie, con le parole e più spesso col silenzio, aspettando che qualcosa, o Qualcuno, spezzi la durezza dei cuori”

Ci vuole coraggio a scegliere, per una lettera alla comunità, il titolo: “La vita è bella”. Voglio dire oggi, in questo presente che ci bersaglia di messaggi inquietanti a livello sociale, culturale, politico, e ci proietta verso un futuro pregno di incognite, cui guardare con sospetto e paura. E sorprende, di questa lettera, l’apertura dedicata a chi dal treno di questo presente ha voluto scendere, lasciando che altri continuino il percorso, compresi quelli che avrebbero potuto – o dovuto – accorgersi di una speranza ormai prosciugata, di un vuoto che nemmeno gli affetti più cari erano riusciti a colmare. Eppure il vescovo Lauro lo afferma, lo grida, ci crede: la vita è bella!

Scorrendo le pagine, attraverso con lui un primo passaggio: quello della relazione, come condizione obbligata per svelare la bellezza della propria esistenza, e scoprire come essa si intrecci con quella di chi ci vive accanto o semplicemente incontriamo. Penso alle soste di donne come me lungo le corsie di un supermercato; i carrelli ingombrano, ma è troppo importante raccontarsi le cose, condividere gioie e dispiaceri, confortarsi, consigliarsi, scoprire che non siamo sole a vivere momenti difficili, e così tutto diventa un po' più leggero.

C'è un perdere tempo sterile, pettegolo e dannoso, ma ce n'è un altro che diventa virtù, quando ci dà il respiro per accorgerci dell'altro; di un figlio che chiede ascolto alla nostra distrazione proprio adesso, dentro le nostre "agende  sature" che ci fanno ripetere come un ritornello "non ho tempo". O di qualcuno conosciuto in incontri occasionali, che non avranno un seguito ma valgono ben oltre il tempo ad essi dedicato.

Ho imparato a fermarmi, ogni tanto, presso chi chiede l'elemosina lungo le nostre strade. In questo mi aiuta il mio piccolo cane, che fiuta amichevole e scodinzolante la persona seduta su una panchina oppure a terra, incurante dell'odore poco invitante e dell'aspetto trascurato, o del cartone di vino che tiene accanto. L'altro sorride, grato di quest'attenzione. "Le bestie riconoscono chi gli vuole bene…" E allora anch'io ti riconosco; magari non ti do soldi, ma ti dico buongiorno, e ti chiedo qualcosa di te, e ti dico qualcosa di me. E son certa che lì con noi c'è Qualcuno per il quale abbiamo lo stesso valore, che si propone per una relazione instancabile con ciascuno di noi e dentro un circuito fraterno.

Quel Gesù che non teme di perdere tempo con l'uomo, che ci ha raggiunto proprio la scorsa domenica con uno dei suoi paradossi:"tenere la propria vita per sé", o"perdere la propria vita" . Gesù è maestro nel capovolgere il significato che diamo ai termini "perdita e guadagno". Tenere il tempo per se', perderlo per gli altri…

Grazie, Lauro, per certe espressioni incontrate nella  tua lettera. "Sobrietà come inno alla lentezza". Mi piace, mi provoca, mi interroga sulla mia ricerca di produttività. Siamo produttivi anche nel saluto della pace che ci scambiamo durante la messa. Tante mani da stringere, pochi occhi da incontrare. Stringo la tua mano e non so che viso hai, protesa come sono nella ricerca di un'altra mano…Pensare che nel fermare il mio sguardo nel tuo potrei capire qualcosa di te, e chiedere davvero per te la pace…

Forse è molto femminile questo soffermarmi sulla relazione. Non è un caso. Se siamo donne, ci portiamo nel DNA l'attenzione alle persone. Se siamo madri, ci portiamo addosso l'impegno di tessere incontro e confronto dentro le nostre famiglie, con le parole e più spesso col silenzio,   aspettando che qualcosa, o Qualcuno, spezzi la durezza dei cuori. Se siamo nonne, guardiamo ai nostri nipoti con sguardo lungo e innamorato, riconoscendo la loro bellezza anche al di là delle apparenze, nella speranza che il futuro sia generoso con loro, e che un giorno possano dire: “La vita è bella”.

Infine, se siamo cristiani, donne e uomini, abbiamo un motivo in più per affidarci alla speranza. Ce lo dice Lauro, ce lo ripete incessante il Vangelo: ogni nostro passo sulla via della sobrietà, della non-violenza, dell’incontro umile e accogliente, del perdono non va perduto. Perché non siamo mai soli. Perché non vogliamo camminare da soli. Perché, se cadiamo, “la vita ci aspetta”; ma, soprattutto, perché Lui ci aspetta. Sempre.

Luisa Dorigatti Vian

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LE RISPOSTE

Dopo la consegna della lettera “La vita è bella” lo scorso 26 giugno si è aperto il richiesto confronto con l'Arcivescovo Lauro sui contenuti del suo scritto, pensato proprio come l'apertura di un dialogo.

Nel numero scorso di Vita Trentina i primi commenti erano negli interventi di Piergiorgio Bortolotti e Maurizio Gentilini. In questo numero, ecco la “risposta” di Luisa Dorigatti Vian. Potete scrivere a redazione@vitatrentina.it

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