E li chiamano “freschi”

Incontro due giovani ragazze zingare sul sagrato della chiesa. “Padre, ci dia qualche soldo per comprare qualcosa da mangiare che abbiamo fame!”. Rispondo invitandole a venire nei due pomeriggi in cui nei locali della parrocchia si effettua la distribuzione degli alimentari “freschi”. Mi rispondono perentorie: “Quelle cose tenetevele, che sono tutte scadute”. Devo amaramente costatare che purtroppo hanno ragione loro. I cosiddetti cibi “freschi” che una benemerita organizzazione locale raccoglie quotidianamente dai supermercati della città e della provincia e distribuisce in vari centri, sono al 90% non merce in scadenza ma già scaduta, secondo l’etichetta di legge. Molti poi sono alimenti non necessari a un pasto quotidiano, ma stuzzichini o dolci… Ammiro le persone della parrocchia che con tanta buona volontà, generosità e dedizione si dedicano a quest’opera; ma mi interrogo se sia veramente un atto cristiano. Ai poveri diamo le cose che altrimenti andrebbero buttate. Merce che non si può neppure dare ai porci, noi la diamo alle famiglie povere! Non credo sia educativo e autentico questo modo di fare. Sarà pur possibile grazie alla legge italiana detta con un certo fariseismo “del buon samaritano”. Non permetto che i ragazzi e i giovani siano coinvolti in questo atto diseducativo per loro e per i “poveri”.

Giustamente Papa Francesco, nella recente lettera enciclica Laudato si’ (n. 50), ci ricorda che: “il cibo che si butta via è come se lo si rubasse dalla mensa del povero”! Offrire però alimentari già scaduti non è espressione di autentica carità. Mi si ribadisce che altrimenti tutto questa va buttato. Allora è opportunismo; mangiamoli noi! So bene che i termini di scadenza sono stretti e che il cibo può essere ancora buono; ma questa è una scelta che posso fare a casa mia, per la mia famiglia, ma non imporla agli altri. Non posso esporre gli altri a un rischio per la salute. Mi pare, invece, sia un bel servizio ai supermercati che evitano la grossa spesa di separare organico da carta e plastica e di aumentare le “immondizie”; per loro è quasi meglio questa consegna. Hanno anche imparato a offrire con “scontata generosità” ai clienti la merce in scadenza. Ma è proprio vera carità cristiana questa di dare quanto andrebbe legalmente eliminato? Fa parte di quelle strutture di peccato – di wojtyliana memoria – che vanno combattute e risolte in altro modo.

I “freschi”: mai termine fu così improprio. Meglio chi raccoglie e distribuisce il cibo “secco” che almeno dura. Ci vuole maggior rispetto anche per la dignità dei poveri.E non mi piace poi quando mi chiedono: Vuole qualcosa? No! Se è per i poveri non voglio e non posso prelevare nulla. Non si approfitta di ciò che è destinato ai poveri, anche se è scaduto!

dongi

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