Sri Lanka, prove di riconciliazione

Il nuovo presidente dello Sri Lanka si riduce i poteri e lancia segnali di distensione

Riuscirà l’elezione di un nuovo presidente a segnare finalmente un punto di svolta definitiva e fondamentale per lo Sri Lanka ed avviare quella riconciliazione da tanti agognata dopo anni e anni di guerra civile?

Il nuovo leader uscito quasi inaspettatamente dalle urne è Maithripala Sirisena e subito, con una mossa a sorpresa che pochi si aspettavano, il suo primo atto sostanziale è stato quello di diminuire i propri poteri presidenziali. Il precedente presidente li aveva accentrati senza indugio nella sua persona con accenti prettamente autoritari; il nuovo leader sembra lanciare segni di distensione innanzitutto nel rispetto della separazione dei poteri e quindi nel pieno ripristino dello stato di diritto. Atto del tutto inusuale e che nello specifico contesto dell’isola dell’ex Ceylon dove il precedente presidente aveva assunto connotazioni intransigenti e sbrigative, questa è sembrata una mossa non tattica – un escamotage per aggraziarsi le simpatie dell’opinione pubblica -, ma strategica, nella direzione di una reale riconciliazioni fra parti, fazioni ed etnie che per lunghi anni si sono inimicate senza esclusione di colpi.

Diminuire i propri poteri significa riconoscere una maggiore democrazia, l’avvio di un dialogo che sia capace di superare le diffidenze reciproche e il guardarsi in cagnesco, una situazione anche psicologica che ha contaminato ampi strati del paese per divisione etnica, con quella dirimente tra cingalesi e tamil e con le prevaricazioni di ogni sorta perpetrate nei confronti di cristiani e musulmani, minoranze spesso bistrattate. Quasi 30 anni di guerra civile lasciano un sostrato di paure per niente facile a dilatarsi e il nuovo leader Sirisena pare deciso a insistere su alcuni gangli delicati e al tempo stesso importanti.

Una ricomposizione tra cingalesi e tamil e tra cristiani e musulmani a partire dalla considerazione che questi due ultimi sono stati particolarmente presi di mira negli anni della sconsiderata mattanza nazionale.

Ma Sirisena vuole anche metter mano alla questione spinosa dei dissidenti politici che ancora languono nelle galere e che il trascorso regime si riproponeva di far tacere definitivamente. Insieme alle decine di migliaia di scomparsi per i quali è auspicabile almeno la volontà di ristabilire la verità dei fatti, l’istituzione di una Commissione di riconciliazione sull’esempio di quella che a suo tempo era stata istituita in Sudafrica e in Guatemala –due contesti politici e geografici diversi, ma con molte affinità – per chiudere in modo non gattopardesco gli anni più bui del recente passato della storia nazionale.

Non sarà facile per Sirisena muoversi e farlo nel modo adeguato ed efficace come la situazione richiederebbe. Sono buone intenzioni che devono superare tanti ostacoli. Tra cui la disparità madornale tra il sud con il turismo che ha ripreso alla grande e si concentra tra Trincomalee, Batticaloa e le aree adiacenti a Colombo e il nord dove è stata fatta terra bruciata e la penuria si fa sentire ancora nei villaggi e nelle zone periferiche.

Un grosso nodo da sciogliere – e non sarà per niente facile – è anche rappresentato da una classe di élite militare che si è trasformata tout court in classe imprenditoriale pur mantenendo i precedenti appannaggi nelle Forze armate. Sta di fatto che i vertici e i corpi intermedi di esercito e marina dominano perché gestiscono banche e assicurazioni, linee aree e reti di hotel nei posti più turistici ed esclusivi dell’isola. Un connubio tra potere militare e potere economico che di fatto fa man bassa delle risorse del paese ad esclusivo vantaggio di pochi potenti. Sarà dura per Sirisena e le sue sincere mire di democratizzazione.

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