Renzi ad una svolta

Indeboliscono il premier l’instabilità del suo partito e la crisi sempre crescente dell’area centrista

Non si può fingere che non sia così: Renzi è di fronte ad un passaggio difficile che deve cercare di gestire in modo da evitare l’implosione dell’equilibrio su cui si regge. Le due “grane” che ha a mano non sono questioni di secondario rilievo: la prima è il secondo round dell’affare “mafia capitale”; la seconda è la rivolta (semi-eversiva) dei governatori di centro destra delle regioni del Nord sulla questione dell’accoglienza agli immigrati.

Lo scandalo romano è di dimensioni tali ed ha contorni così ripugnanti da fornire ampio materiale al populismo di tutti i colori. Vedere insieme nella contestazione al sindaco di Roma gli esponenti del M5S e quelli di Casa Pound già ci dice il punto a cui siamo arrivati, ma l’aver registrato fra i contestatori anche esponenti dell’NCD aggiunge alla faccenda un tocco di surrealismo. L’arroccamento del PD nella difesa del sindaco Marino è comprensibile, perché questi non ha responsabilità nella vicenda, ma è politicamente debole, perché comunque il coinvolgimento di esponenti del partito in questa brutta storia sia direttamente, sia come responsabili della scelta di funzionari corrotti, è pesante. Certamente andare ad elezioni in queste condizioni significa rischiare un bagno di sangue in termini di voti e per di più alla vigilia del giubileo, ma anche continuare a resistere diventando ogni giorno oggetto di denunce non è che sia una gran soluzione.

La rivolta dei governatori del centro destra di Lombardia, Veneto e Liguria è altrettanto pericolosa, non per i risultati che può avere, ma perché è troppo probabile che una volta di più lo stato si riveli disarmato di fronte a rotture oggettive di legalità. Infatti è arduo concedere che un presidente di regione abbia diritto non ad opporsi sul piano delle idee, ma a boicottare sul piano della pratica il governo centrale.

Quali strumenti ha a disposizione Renzi per mostrare di avere in mano le redini della situazione? In realtà abbastanza pochi. Ad indebolirlo sono soprattutto due fattori: l’instabilità del suo partito e la crisi sempre crescente dell’area centrista.

Nel PD si gioca una partita che più ambigua non si può. A parte alcuni esaltati dal loro protagonismo mediatico, gran parte della minoranza vuole azzoppare Renzi senza però far saltare il governo perché sa perfettamente che in quel caso si aprirebbe una vera incognita sul futuro. L’operazione è molto difficile, a prescindere dal giudizio sulla sua sensatezza, perché naturalmente ogni indebolimento del premier è una porta aperta all’opposizione. In una fase di confuso trapasso come questa ogni lobby ed ogni corporazione è in agguato per portarsi a casa le ultime fette di torta disponibili e dunque si aprirebbe un gioco allo stravolgimento di ogni ipotesi di riorganizzazione, anche lasciando da parte il pomposo termine di “riforma”, del nostro sistema. Il risultato sarebbe la perdita di credibilità sui mercati internazionali e di conseguenza il fallimento di tutte le speranze di agganciarsi in maniera stabile all’attuale trend di uscita, per quanto lenta, dalla stagnazione economica.

La crisi dell’area centrista è altrettanto preoccupante per quel che riguarda le capacità di manovra parlamentare su cui può contare il premier. Il recente episodio per cui il governo è stato battuto al Senato sulla pregiudiziale di costituzionalità del decreto sulla scuola può anche essere dovuto alla casualità dell’assenza in commissione di tre senatori del partito di Alfano, ma non è stato interpretato in questo modo, perché è noto che quel partito si considera in sofferenza come membro dell’attuale coalizione.

In effetti NCD non ha ottenuto grandi risultati dalla sua condivisione del governo. Curiosamente l’accusa a Renzi da parte della minoranza PD e della estrema sinistra di fare “una politica di destra” impedisce ad Alfano e ai suoi di rivendicare come proprio merito l’ottenimento di certi risultati che contrastano i tabù del sinistrismo tradizionale (flessibilità del lavoro, più spazio alla meritocrazia, ecc.). In più alle recenti elezioni regionali NCD non ha avuto né numeri significativi come consenso, né un minimo di rilievo a livello mediatico. Aggiungiamoci infine che non funziona neppure come polo di attrazione per coloro che si stanno scindendo da Forza Italia.

In queste condizioni Renzi deve cercar di dare il classico colpo di reni e non solo a parole. Difficile in questo clima e difficilissimo con l’estate alle porte.

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