“Con una prospettiva di futuro”

Don Marco Saiani, da pochi mesi vicario generale, commenta i criteri con i quali si valutano gli avvicendamenti pastoralo

“Dietro ad ogni avvicendamento pastorale, oggi deve esserci un pensiero sul futuro, che è sempre più ravvicinato se pensiamo alla diminuzione delle risorse umane della nostra Chiesa”. In poche settimane don Marco Saiani, classe 1955, ha dovuto allargare la sua visione di parroco (era a Gardolo dal 2002, anche se è stato anche presidente nazionale di Noi Oratori) a quella di vicario generale della diocesi. “Nel mio percorso di queste settimane ritrovo lo sforzo non facile che tutte le comunità sono chiamate a fare – commenta, a margine dei primi avvicendamenti dei preti – per passare dalla prospettiva ristretta del proprio cammino a quella di una Chiesa locale che non avrà risorse infinite”.

Don Marco si trova ogni lunedì pomeriggio col vescovo Lauro nel Consiglio presbiterale a condividere scelte pastorali con don Alessandro Aste e don Ferruccio Furlan (il vicario per il clero che è stato nominato anche padre spirituale del Seminario), a partire dalla valorizzazione delle persone. “Abbiamo parlato con tanti sacerdoti in questi giorni per preparare gli avvicendamenti. Vorrei dire un grazie sincero a quanti hanno dato la loro disponibilità per progetti pastorali consistenti”. Basta scorrere l'elenco (dietro ad ogni nome, una comunità)per ritrovare ambiti molto vasti – come Gardolo e dintorni con un territorio di 20 mila abitanti, 120 funerali all'anno o Fondo con l'Alta valle di Non. Oppure per cogliere la novità epocale della concentrazione in una sola delle tre parrocchie di Riva del Garda.

“Ci viene richiesto come Chiesa uno sguardo duplice – riflette don Mario – per chi pensa i nuovi incarichi è importante una progettualità di lungo periodo. Dobbiamo soppesare le risorse umane, le caratteristiche delle persone, ma anche cogliere il volto di ogni comunità e la sua coesione dal punto vista sociale e culturale. In certe realtà è facile fare del decanato una parrocchia, in altre meno. L'altro sguardo è quello richiesto ai fedeli: non poter contare sulla presenza rassicurante di un prete deve essere avvertito non come un'occasione per ritirarsi ma come un invito a chiedersi: cosa posso fare di più, cosa significa oggi per me vivere la comunità”.

E si torna all'esigenza di una consapevolezza nuova: ispirato dalla fiducia e dalla speranza don Marco trae il positivo proprio dalla sua esperienza a Gardolo, un contesto difficile con oltre 76 nazionalità rappresentate. “Ci sono molte sfide sociali che sono anche sfide pastorali. In questi anni proprio a Gardolo ho visto come la comunità cristiana è considerata collaboratrice preziosa e importante. Dentro il polo sociale, nelle scuole e nell'associazionismo ho avvertito la richiesta di un appoggio da parte dei gruppi e dei volontari della parrocchia e il desiderio di lavorare insieme: come Chiesa non dobbiamo tirarci indietro, cogliendo invece in queste collaborazioni anche la possibilità di vivere in modo genuino il Vangelo e il suo servizio alle persone nella difficoltà di oggi”.

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