Ora di religione, cosa cambiare

Pare proprio che sia difficile spiegare la differenza tra insegnamento della religione a scuola e catechesi. Da un lato vi è chi rifiuta l'ora di religione perché pensa che sia ancora indottrinamento; dall'altro lato ci sono famiglie che non si avvalgono dell'IRC perché – dicono – i loro figli vanno già a catechesi e frequentano la parrocchia, e non si rendono conto dell'importanza di studiare e di conoscere meglio anche gli aspetti culturali della religione. Il risultato è che, non essendo la partecipazione obbligatoria, tutti restano ignoranti. Per di più, all'interno delle classi, la partecipazione all'IRC diventa un elemento di divisione e contrapposizione tra chi resta e chi esce. A più di trent'anni dal Concordato è sempre più evidente che qualcosa non funziona. Cosa pensi dovrebbe cambiare a livello legislativo per migliorare la situazione?

E in attesa che cambi la legge, cosa si può fare?

Daniela

Ringrazio Daniela per questa domanda che mi permette di tornare su un argomento a mio avviso centrale, ma oramai piuttosto trascurato, non solo per i rapporti tra Stato e Chiesa o tra scuola e parrocchia, ma proprio per la dimensione culturale (e quindi sociale e politica) del nostro Paese. La questione riguarda allora l’educazione complessiva dei ragazzi, una formazione che deve essere al passo con i mutamenti globali in atto: è banale sottolineare l’importanza del fenomeno religioso per capire il mondo contemporaneo. E l’ignoranza sulle religioni genera davvero mostri.

Nel 1984, quando con la revisione del Concordato è stata introdotta la normativa tuttora vigente in merito all’insegnamento della religione cattolica (IRC) nelle scuole, la situazione era molto diversa. In molti settori della cultura laica valeva la filiera religione uguale cristianesimo uguale cattolicesimo romano uguale Papa, gerarchia, clero, preti. Chi non era cattolico, era semplicemente “non credente”. Le altre religioni sembravano lontane, materia per specialisti. Continuando con questo ragionamento fallace era ovvio, sempre da parte laica, concedere il monopolio dell’insegnamento della religione alla Chiesa cattolica, dando però la possibilità di esonero dall’ora di religione per quanti ne avessero fatto richiesta.

La Santa Sede ha in un certo senso avvallato questa impostazione, credendo così di gestire al meglio l’educazione religiosa degli italiani. Queste aspettative tuttavia sono sfumate e oggi prevale un’ignoranza diffusa. Occorrerebbe cambiare totalmente l’impostazione: rendere l’insegnamento di “cultura religiosa” (oppure qualche altro nome: scienze delle religioni?, storia delle religioni?… poco importa) obbligatorio per tutti, con docenti formati in università pubbliche.

Alcuni obiettano che sarebbe ben strano incontrare un professore ateo insegnante di religione. Allora però si potrebbe dire la stessa cosa per gli insegnanti di storia: ciascuno ha la propria visione del mondo, ma il bravo docente la mette tra parentesi, perché questo richiede la sua professionalità. Rendere la religione un insegnamento non confessionale servirebbe forse per depotenziare il clima di scontro (ormai totalmente fuori tempo) tra laici e cattolici, tra guelfi e ghibellini, che tanto male ha fatto all’Italia. Per conoscere il mondo è necessario conoscere le religioni, a prescindere dalla propria fede o non fede.

Si dice poi che già da ora i programmi di insegnamento dell’IRC sono lontanissimi da qualsiasi catechismo cattolico, ma prevedono la presenza delle altre religioni con i temi “sensibili” riguardanti l’incontro con il diverso, l’etica e altre questioni di spiritualità. Tutto vero, ma rimane la questione di fondo. Benchè il reclutamento degli insegnanti avvenga attraverso procedure affini a quelle degli altri docenti, nella percezione collettiva essi “rispondono”  alla gerarchia cattolica. Questo è il pretesto per cui l’ora di religione resta ancora facoltativa, con tutti i problemi da te evidenziati.

La realtà però la conosciamo tutti: questo assetto non cambierà nei prossimi anni, se non decenni. Che fare allora? Non conosco bene l’ambiente della scuola (troppe riforme, troppe complicazioni da seguire), tuttavia credo che l’autonomia scolastica trentina consenta di proporre iniziative innovative anche in questo campo: maggiore interazione tra l’ora di religione e le altre materie; progetti interdisciplinari; coinvolgimento di altri docenti. Questo viene già messo in campo con numerose collaborazioni tra l’ufficio catechistico della Diocesi e vari istituti. È bene proseguire su questa via.

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