Pregare: un dovere? Sì, come il respirare

Genesi 18,20-32;

Colossesi 2,12-14;

Luca 11,1-13

Gli orientali sono sempre stati abili in fatto di commercio; han sempre avuto qualche dote in più degli altri. Abramo, nostro padre nella fede, era anche lui un orientale: bravo credente ma anche abile commerciante, come lascia intendere la prima lettura di questa domenica. Dopo quella bella accoglienza che aveva riservato al Signore sotto la sua tenda (ci è stata riferita domenica scorsa), il suo ospite eccezionale gli rivela che sta andando a verificare come stanno le cose a Sodoma e Gomorra: due città famose – a quanto pare – non solo per l’alto livello di benessere, ma anche per le ingiustizie e le immoralità che vi si commettevano, e Dio – che non può tollerare le ingiustizie – aveva deciso di verificare di persona, per poi agire di conseguenza con un bel “ripulisti”. “Ma guarda, Signore, che ne vanno di mezzo anche i giusti, gli onesti – gli replica Abramo.- Non vorrai fare di ogni erba un fascio? Forse, in tutta quella moltitudine di lazzaroni ci sono anche brave persone… Perché farla pagare anche a loro?”. “Non sia mai!” risponde il Signore. E qui Abramo comincia a mercanteggiare da bravo orientale. Quanti saranno i giusti, gli onesti? Forse 50… Ma vista la disponibilità del Signore a usare misericordia, Abramo comincia a “tirare sul prezzo”… “Forse 50 proprio no, 45…”. E Dio sta al gioco: “Va bene: per quei 45 io perdonerò a tutti!”. “E se fossero 40? O 30? O 20 soltanto?… Forse ne trovi soltanto 10 Signore…”. E ogni volta Dio cede al mercanteggiare di Abramo. Ma che gioco è questo?

Questo gioco così simpatico si chiama più esattamente “preghiera”. Eh, ma pregare è forse un mercanteggiare? Un tirare sul prezzo, proprio come si fa al mercato? Il bello del commercio per gli orientali sta proprio in questo dialogo serrato tra venditore e compratore che a volte si protrae a lungo. Qui sì che c’è relazione tra persone, tra eguali… Che gusto c’è invece a comprare al supermercato, dove il prezzo lo trovi incollato sulla merce senza che tu possa fare una piega ? Lì non c’è né dialogo né relazione: paghi e te ne vai, forse senza dire nemmeno una parola. Se la Bibbia descrive la preghiera di Abramo come dialogo serrato tra due commercianti è per dire che quel Dio che preghiamo si mette al nostro livello e ama dialogare con noi. Prima ancora che le cose da ottenere è proprio questo dialogo la componente più preziosa della preghiera: le cose che si chiedono sono un pretesto per entrare in relazione, per dialogare.

Al che è inevitabile l’interrogativo: Oltre che credenti, siamo anche oranti? Sappiamo pregare noi?

Gesù poi va ben oltre con il suo vangelo. Oltre perché – prima che insegnarci come pregare – ci dà l’esempio: Lui, Figlio di Dio, è uno che prega abitualmente. Gesù va oltre perché ci rivela una cosa sorprendente: colui che preghiamo è sì il nostro Dio, ma è soprattutto nostro Padre. “Quando pregate dite: Padre…”. Tutti sanno che un conto è rivolgersi a un commerciante, a un padrone, a qualcuno che può fare l’alto e il basso a suo capriccio, altro conto è rivolgersi al proprio Padre. “Quando pregate dite: Padre…”. L’altro interrogativo che non possiamo eludere allora è il seguente: Come preghiamo noi? Quella preghiera del “Padre nostro”, che anche in questa domenica risentiamo nella versione più breve di Luca, quanto è vera sulle nostre labbra? C’è sintonia tra le parole che diciamo e le nostre attese più reali?

Padre, sia santificato il tuo nome…”. Che Dio, nostro Padre, sia conosciuto e amato da tutti, ci sta a cuore? “Venga il tuo regno…”: davvero desideriamo il regno di Dio come lo desiderava Gesù, o non ci accontentiamo piuttosto di un po’ di salute, di un po’ di pace, di un po’ di benessere… di un po’ di questo e di un po’ di quello? “Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano…”: cioè il necessario per vivere in modo decoroso, non il superfluo. Possiamo dirci persone che sanno far a meno del superfluo? “Perdona a noi i nostri peccati…”: è viva in noi la coscienza di essere peccatori davanti a Dio? o è solo un modo di dire? “…anche noi infatti perdoniamo ai nostri debitori”. Sembra un dato di fatto. Ma è davvero così? Siamo proprio sicuri di aver perdonato ogni torto: ai nostri cari, ai parenti, ai colleghi di lavoro, ai nostri genitori (magari scomparsi da anni)? Davvero non abbiamo debitori? “E non abbandonarci alla tentazione”: no, Dio nostro Padre non ci abbandona affatto, ma noi – pur con tutti i limiti che ci ritroviamo – sappiamo prendere le distanze dalla tentazione o accettiamo volentieri di scherzare col fuoco?

Insomma, quanto è vera sulle nostre labbra la preghiera del Padre Nostro? Quanta sintonia c’è tra le parole che diciamo e quello che portiamo nel cuore?

Nel salmo responsoriale di questa domenica si dice che “il Signore è eccelso ma guarda verso l’umile; il superbo invece lo riconosce da lontano”. Sì, per pregare occorre essere umili (chi non prega è superbo), e per pregare da cristiani occorre entrare ogni volta in sintonia non con un commerciante, con un padrone, o con un giudice, ma con un padre: “Quando pregate, dite: Padre…”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina