Segni dei tempi

Emergono nuovi segni di coraggio della Chiesa nel dialogo con le scienze e le culture

Papa Giovanni ci aveva colti di sorpresa, un po' tutti, quando, nella Bolla di convocazione del Concilio e, l'anno dopo, nella struttura stessa della Pacem in terris, proponeva, con l'espressione "lettura dei segni dei tempi", un presupposto sociologico e una chiave necessaria per una valutazione di fede della realtà. Chiave dimenticata perché ci eravamo abituati a pensare la Chiesa come organismo statico e non come una comunità in cammino. E' molto facile per una persona religiosa restare prigioniera del suo ciclo di visuali e di esperienze. Per lei il Passato è passato ed ha l'obbligo di farlo ritornare, il Presente la impegna a lottare per la sua prosecuzione perché non venga inghiottito troppo presto dal passato e del Futuro tende a vedere solo le due prime lettere "fu". Quasi il futuro fosse senza avvenire, un monotono ripetersi del passato. La storia, invece, non è un ripetersi ciclico del già visto e vissuto bensì una traiettoria, sia pure oscillante, verso il nuovo , l'inedito, la pienezza dell'umano e del divino da scoprire e realizzare per, con, in Cristo. Perciò la Chiesa non può limitarsi a dare le risposte del passato alle domande del passato ma ha la vocazione ad accorgersi delle nuove domande ed a collaborare, con vigile umiltà, per le nuove risposte sempre nella fedeltà all'Amore. Così i “Segni dei tempi” venivano descritti dal Concilio senza alcuna pretesa di riferimento biblico: "I fenomeni che per la loro generalizzazione e la loro frequenza caratterizzano un'epoca e attraverso i quali si esprimono i bisogni e le aspirazioni dell'umanità presente". Biblica propriamente è soltanto la dizione "segni del tempo" cioè della venuta di Gesù come Messia.

Saccheggiando a man salva la voce "Segni dei tempi" di Giovanni Gennari su Nuovo Dizionario di Spiritualità, ancora del 1978, mi paiono utili queste segnalazioni: “Una certa spiritualità astorica aveva impregnato tutta la riflessione teologica, presupponendo più o meno implicitamente che l'incontro con Dio, e quindi la salvezza, si collocasse in una dimensione metastorica, in una certa regione dell'anima umana, non inquinata dal tempo e dallo spazio, con il conseguente distacco dalle vicende storiche viste come marginali e puramente parallele ed esteriori alla vicenda della salvezza. E invece, nella riflessione teologica di questi ultimi decenni, per merito particolare di teologi come Newman, Teilhard de Chardin, Congar, Chenu, Danielou, Rahner, De Lubac, Schillebeeckx, ecc. si impone sempre più la consapevolezza che il tempo entra pienamente nella vita dello spirito umano e costituisce una caratteristica essenziale di ogni esperienza umana, compresa quella di fede. Cristo infatti si è incarnato totalmente, quindi anche nel tempo, non per regnare immobile. "Fare teologia allora non è aprire un manuale polveroso di proposizioni fossilizzate, ma un continuo confronto tra rivelazione e storia nella loro reciproca stimolazione. Non si tratta di un elenco di verità da ripetere a memoria ma una realtà storica da discernere e da vivere."

I Vangeli non sono per il credente in Cristo ciò che è il Corano per il fedele islamico. parola stabile di Allah , che non ammette esegesi culturali e neppure novità storiche con cui rapportarsi. Anzi neppur traduzioni dall'arabo antico. Il Nuovo Testamento è uno stimolo dello Spirito Santo non solo al momento della sua stesura bensì a ogni nuova lettura del singolo e della comunità di fronte alle nuove situazioni da affrontare, comprendere e risolvere nella fede. Se fosse un macigno inamovibile, da duemila anni saremmo ancora a discutere con Paolo e i giudaizzanti sull'obbligo di osservare la legge di Mosè per la salvezza invece che riflettere se sia più possibile una guerra giusta dopo che le testate nucleari son pronte a dir la loro. O interrogarci se sia lecito avere figli noleggiando un qualsiasi utero commercialmente ospitale. Così come, al contrario, i nostri bisnonni cattolici erano dubitosi sulla liceità del sindacato che appariva troppo competitivo rispetto alle solidali corporazioni delle arti e mestieri. O i nostri trisavoli dubitosi sulle banche come rientranti nella categoria dell'usura o sul far studiare le figlie data la loro prevalente vocazione di mamme.

Già Melchor Cano, tanti secoli fa, aveva scoperto la storia come luogo teologico e il grande cardinale Faulhaber aveva assunto, in piena astrazione nazista, come motto: vox temporis, vox Dei. Noi credenti siamo sentinelle della notte. Nessuna ora della notte è uguale all'altra. Ma occorre tener d'occhio la luna, le stelle e l'allontanarsi e il riavvicinarsi del sole che addormenta e risveglia la natura.

Gesù prediligeva, ai suoi tempi, collaboratori che sapessero di pesce e fossero disposti anche a saper di stalla. Invece in altri tempi, prendo ancora da Gennari, "nasceva la società borghese e uomini di chiesa, separati dal popolo, difendevano le società aristocratiche, nascevano le società nazionali e democratiche e uomini di chiesa, separati dal popolo, difendevano i monarchi e l'assetto europeo uscito dal Congresso di Vienna del 1815; nasceva la società industriale e uomini di chiesa, separati dal popolo, elogiavano e difendevano la società agricola; nasceva la società scientifica e uomini di chiesa, separati dal popolo, vedevano solo i rischi della scienza per la fede e per la vita cristiana; cerca di nascere la società in cui la donna sia veramente pari all'uomo e uomini di chiesa, separati dal popolo, sembrano ancora vagheggiare una società in cui il primo posto sia quello dell'uomo maschio. “ Terribile responsabilità dei credenti che, trascurata, fornisce motivi di odio e poi, peggio, di disprezzo e di indifferenza verso l'intensissima Rivelazione cristiana. Ci faceva sorridere tristemente, da studenti, la rassegnata definizione della Filosofia come "Quella cosa con la quale o senza la quale tutto rimane tale e quale". Ben più mortale per l'umanità se questa definizione si affermasse a proposito della Fede in Cristo per colpa della nostra inerzia, presunzione e cecità.

Il cardinal Martini, sulla soglia del suo congedo dalla vita terrena, esprimeva la sensazione di un ritardo culturale della Chiesa attorno ai 200 anni. Dal Paradiso avrà la percezione che stiamo recuperando? Confido in questa sua conferma perché emergono nuovi segni di coraggio della Chiesa nel dialogo con le scienze e le culture. Del resto giochi vivaci e propizi alla crescita comportano bene qualche sbucciatina alle ginocchia, cibo appetitoso e nutriente, qualche macchiolina sul grembiule, buon e tonificante umore in famiglia qualche impertinenza sopra le righe.

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