Alla coppia ladina Lois Anvidalfarei, scultore, e Roberta Dapunt, poetessa, il premio Gargitter

La diocesi di Bolzano-Bressanone resta indissolubilmente legata a un nome: Joseph Gargitter. Fu lui, nei primi anni del suo episcopato, a lavorare per la creazione di una diocesi che coincidesse col territorio altoatesino, poiché capiva bene che la complessità della storia e del presente della provincia di Bolzano richiedevano, come richiedono anche oggi, un’azione pastorale lungimirante e unitaria.

Joseph Gargitter non ebbe vita facile. Fu oggetto di attacchi e di subdole campagne denigratorie. Fu un grande vescovo e passerà alla storia non certo per aver commesso degli errori (come ad esempio il suo predecessore Johannes Geisler col vicario generale Alois Pompanin), ma per aver avuto il coraggio della verità e delle scelte strutturate ed efficaci, anche se impopolari.

A Gargitter, dal 1998, è intitolato un premio che intende onorare l’impegno di persone o gruppi per la pace, la giustizia sociale e la salvaguardia del creato in Alto Adige. Il premio, a cadenza triennale, ha una dotazione di cinquemila euro ed è promosso da Consulta diocesana delle aggregazioni laicali e Katholisches Forum.

La premiazione per il 2022 ha avuto luogo sabato scorso nei locali del Museion. Ad essere premiati infatti sono due artisti (ladini), lo scultore Lois Anvidalfarei e la poetessa e scrittrice Roberta Dapunt.

“Assegnando il premio alla coppia Anvidalfarei/Dapunt – comunica il Forum – la giuria ha percorso nuove strade in diversi modi. Per la prima volta, viene premiata una coppia. Per la prima volta, ai meriti da onorare nel campo sociale e politico, si sono aggiunti quelli nel campo dell’arte. E pure per la prima volta, il premio intitolato al vescovo Gargitter, che si è sempre preoccupato della convivenza pacifica fra i gruppi linguistici nel Sudtirolo, va a una coppia ladina”.

“Nella priorità di ciò che consiste il mio operato letterario”, dice Roberta Dapunt nel suo intervento, “cerco di mettere a fuoco un verbo, che in grammatica non esiste, esiste bensì nella condizione sociale, dentro alla quale mi muovo, ci muoviamo. Ebbene, nella realtà della società, agli occhi del poeta, esiste la voce del verbo: essere umano. Poiché ‘essere’ è il verbo primo, in esso la facoltà sensoriale e spirituale dell’esistenza. Essere è la parola più necessaria a qualunque nostra espressione. Differisce da ogni altro verbo, perché il suo uso è assoluto e conferma, mantiene saldo il valore indiscutibile, che qualunque soggetto è innanzitutto esistente. Uso il verbo essere? Esprimo l’esistenza, l’essenza in sé, l’atto puro, senza ulteriore determinazione”.

“Lois nel suo operato”, aggiunge Roberta, “converge l’espressione nel corpo dell’essere umano. Lo fa da quando era bambino e guardava il corpo di un uomo inchiodato ad una croce nella stube della sua casa. Per lui è stata questa la prima immagine di un corpo scolpito, rivolto allo sguardo di chi gli stava di fronte. Nacque lì l’esercizio della facoltà di guardare e osservare, da lì il corpo in tutte le sue dimensioni tra il bene e il male, tra il bello e il brutto”. “È un corpo che rappresenta molti, troppi corpi, ogni giorno della storia e senza sospensione. Credo di poter dire anche da non credente, che dovremmo saper vedere e riuscire a guardare quel corpo con gli occhi del nostro presente, riuscire a raccontarlo qui e ora, e dare fidanza al tempo presente, al potenziale della contemporaneità e accogliere ciò che il ‘qui e ora’ sa e riesce ad esprimere. Dare fidanza, splendido, antico termine per dire: io ti do ferma speranza, credo in ciò che fai”.

“Al di là della nostra gratificazione”, conclude Dapunt, “crediamo che questo riconoscimento vuole considerare l’importanza e il valore fondamentale della cultura. Senza di essa saremmo persi”.

La giuria, conferma il giornalista Florian Kronbichler che l’ha presieduta, “ha inteso il premio alla coppia di artisti anche come incoraggiamento alla Chiesa a superare vecchie ostilità verso il corpo umano e ad accettare l’essere umano nella sua interezza così come nelle sue vulnerabilità”.

Nelle passate edizioni il premio era andato a don Giancarlo Bertagnolli (1998), Alcide Berloffa (2001), Christine Baumgartner (2004), Hansjörg Kucera (2007), don Josef Stricker (2010) alla Casa della Solidarietà e alla Comunità Missionaria Comboniana di Bressanone (2013), a Giovanni Salghetti Drioli (2016) e al giornale di strada Zebra (2019).

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