Buon viaggio… nel deserto

I lettura: Deuteronomio 26,4-10;

II lettura: Romani 10,8-13;

Vangelo: Luca 4,1-13

Fare confronti è un'esperienza di tutti, a qualsiasi età. Ce n’è uno, però, che solo gli adulti e gli anziani possono permettersi. È da loro che capita spesso di sentir dire che una volta sì che le cose andavano meglio, il mondo non era poi messo così male, la gente era povera ma andava d'amore e d'accordo… e soprattutto si accontentava con poco. Sono ritornelli che abbiamo imparato a memoria, a forza di sentirli. Non dobbiamo prestarvi troppo credito: non sono molto obiettivi di solito. La nostra memoria seleziona i ricordi con una certa parzialità: cose brutte ed esperienze amare ce ne furono anche in passato. Ma ammettiamo pure che oggi certe situazioni siano diventate più problematiche: la vita di famiglia, ad esempio, l'educazione dei figli, le relazioni nell’ambito del lavoro, l'influenza dei mass media sulla nostra mentalità, le seduzioni e i pericoli che insidiano i più deboli. Anche il vivere con la testa sul collo, fedeli a valori e ideali che la nostra coscienza cristiana ritiene importanti, è più difficile oggi di una volta. Il peggio è che molti, a questo punto, si lasciano prendere da una certa rassegnazione, e dalla rassegnazione alla mediocrità il passo poi è breve. Il confronto con i tempi passati lo si può anche fare, ma non è giusto, non è onesto se fa cadere nella rassegnazione; che se poi siamo noi cristiani a sperimentarla, allora questa caduta non ha solo a che vedere con la debolezza, con la fragilità, ma anche con il peccato: peccato di incredulità, mancanza di fiducia in Dio e nella sua Parola.

Sì, ci possono essere momenti duri nella vita personale, familiare, nel cammino della società tutta intera; stagioni di luminosità che si alternano a stagioni di nebbia; tratti di strada sul piano e tratti in salita. Nebbia, oscurità, disorientamento non mancano. La Bibbia adopera una parola sola: deserto. È come trovarsi nel deserto. Non ci sono strade nel deserto: solo sentieri da capre, mancanza d'acqua e di tutti i comforts della vita sedentaria. Eppure, lì fu condotto Gesù e lì per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Su che cosa esattamente? Osservando con attenzione il racconto del vangelo, si nota che per due volte il tentatore fa appello alla sua identità: «Se tu sei il Figlio di Dio…». Come a dire: questo ti da diritto di fare tutto quello che vuoi. Dio è tuo padre: se non ti prende al volo quando ti lanci dall’alto del tempio, o se ti lascia morire di fame, che padre è?

Qui non è in causa solo Gesù. Qui è in gioco anche la nostra fede. Proprio come credenti, a volte ci sentiamo gettare addosso tentazioni in forma di interrogativi atroci e lancinanti, del tipo: Perché Dio non risolve in un batter d'occhio il problema della fame nel mondo, della miseria dei poveri? Perché non elimina la corruzione? Perché non interviene a guarirci da certe malattie, visto che è Padre e noi siamo suoi figli? “Se tu sei figlio di Dio…”… No, non si tratta più solo di Gesù Cristo; qui è in causa la nostra fede. Ebbene, c’è un particolare che non ci deve sfuggire, anzi, è tanto importante da diventare una buona notizia: Gesù fu condotto in quel deserto non dallo spirito del Male, ma bensì dallo Spirito santo. E non l'ha portato là per poi andarsene a abbandonarlo a se stesso: gli ha fatto compagnia, l'ha sostenuto per tutto il tempo. Infatti, si potrà dire che nel deserto mancano tante cose, ma non lo Spirito di Dio, che sostiene e dà vigore. E se è così, allora è vero che dal deserto si può tornare temprati, più forti, più sicuri di sé.

Non guardiamo pertanto a questo mondo di oggi con sguardo diffidente o rassegnato: è la Provvidenza che ci ha posti a vivere in quest'epoca, di questi tempi; e, proprio come fu per Gesù, è ancora lo Spirito di Dio che ci sostiene; con lui, tante potranno essere le difficoltà, le seduzioni, ma serviranno a ritemprarci, a irrobustirci. Potremo permetterci di non abbatterci, quantomeno.

E la stessa cosa va detta per le difficoltà della nostra vita, personale o familiare: non guardiamo ad esse soltanto come a delle grane o a degli ostacoli: questa sarà sempre la prima sensazione, ma la fede ci può condurre aldilà delle sensazioni. Prove sono queste! Prove da deserto, nelle quali lo Spirito di Dio è con noi perché ne usciamo più maturi, più veri di quando ci eravamo entrati.

Il diavolo (antico nome dal greco che indica la specialità del Maligno: divisore), per fare il suo mestiere getta un’esca particolare: la paura. Paura di non farcela, paura di essere abbandonati a noi stessi, paura di non contar niente per nessuno, paura del fallimento, della sconfitta. Come ha potuto Gesù superare queste prove? Con la fiducia. Non con il coraggio personale, lo sforzo di volontà, l'impegno: tutte cose che alla fine portano a lasciar cadere le braccia, ma la fiducia: una fiducia incondizionata in Dio, nel suo amore, nella sua misericordia, nella sua provvidenza.

Questo però implica che si dia per davvero il primo posto a Dio. Primo nel senso di ascoltare con amorosa, anzi, scrupolosa attenzione la sua Parola; riservarle prioritaria considerazione tra tutte quelle che sentiamo risuonare ogni giorno. La riprova, o la verifica, di questo è data poi dal fatto che quando c'è da prender decisioni, esprimere pareri, passare al pratico, sono i criteri suoi a orientarci, non le nostre personali opinioni o visuali soggettive. Allora sì, anche il deserto può diventare fecondo, e se ne può uscire migliori di come ci si era entrati.

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