Ciò che sapienti e dotti non capiscono

I lettura: Zaccaria 9,9-10;

II lettura: Romani 8,9.11-13;

Vangelo: Matteo 16,13-19

Dotti e sapienti ce ne sono sempre stati al mondo. Anche nel nostro tempo. Oggi forse, a differenza di una volta, è più facile incappare in sapienti e dotti che non sono, alla fin fine, né dotti né sapienti. Probabilmente ha di mira costoro Gesù quando prega, come nel vangelo di questa Domenica: “Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli…”. “Queste cose” sono le stesse che Gesù fa e annuncia nel vangelo: il Regno di Dio, presente in modo umile e discreto, e tuttavia nell’unico modo vincente. Che equivale a dire: la fatica del vivere, che Gesù condivide con noi; il peso e il sacrificio che costa l’essere fedeli al vangelo, ma anche la gioia che ne consegue. Ecco le cose che Dio ha nascosto ai sapienti e ai dotti (veri o presunti che siano) e ha invece svelato ai piccoli. E chi sono questi piccoli?

Quelli che stanno attorno a Gesù e pendono dalle sue labbra. I discepoli, in altre parole. Che non sono dotti perché la loro unica preoccupazione è sempre stata quella di sbancare il lunario, facendo il mestiere di pescatori, di carpentieri o semplicemente di operai a giornata… Però, una volta che hanno incontrato Gesù, gli han dato fiducia: “Questo non è uno dei soliti che ne sa una pagina più del libro – han pensato – questo qui non ha l’aria di prenderci in giro…”, e l’hanno seguito. Di fronte a certi grandi, dei quali i giornali parlano ogni giorno, o che sproloquiano alle televisioni 24 ore su 24, individui così passano per insignificanti: piccoli, appunto. “Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli…”. A me personalmente i sapienti e i dotti danno fastidio quando pretendono di insegnare cose delle quali non sono competenti. A riguardo di Dio, ad esempio. Ci sono pensatori di grido, opinionisti che pare la sappiano lunga su di lui: ma c’è una pretesa più assurda di questa? Dio è mistero! non è un oggetto da sezionare in laboratorio o poi svendere su bancarelle! La presunzione di sapere qualcosa su Dio da parte degli uomini è già di per se una patente d’ignoranza. Attenzione, pertanto: non lasciamoci prender per il naso da nessuno!

A volte, però, di questa presunzione siamo vittime anche noi, e tant’altra gente come noi…

Quando, ad esempio, riteniamo Dio responsabile di certo male che capita: malattie, catastrofi, disgrazie e via dicendo… Ma chi ci autorizza a far fare a Dio figure del genere?

Chi siamo noi per sapere chi è Dio veramente? No, nessuno al mondo può dire su Dio qualcosa che sia sensata e vera. Solo lui può dirci qualcosa di se stesso. E l’ha fatto, per mezzo di suo Figlio. “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà farlo conoscere”. Quel Figlio è Gesù Cristo. Allora, traiamo una conclusione: quando sentiamo qualcosa su Dio e non sappiamo se sia vera o falsa, apriamo il vangelo: consultiamo Gesù Cristo. Questa non è presunzione. E’ disponibilità a lasciarsi illuminare, insegnare da qualcuno che se n’intende: Gesù Cristo, appunto. Sì, è questo l’essere piccoli, quei piccoli che a Gesù fa piacere incontrare e per i quali ringrazia Dio, suo Padre: “Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli…”. Allora che Dio sia mistero non fa più problema, perché il nucleo di quel mistero è l’amore. Ma è Gesù che lo fa conoscere, anzi, che lo fa sperimentare. Quando si decide di dare davvero fiducia a Gesù non fanno più problema neanche certi paradossi del cristianesimo, come quelli del vangelo di questa Domenica, ad esempio: “Prendete il mio giogo su di voi… E’ dolce, il mio peso è leggero!”. Ma come può un giogo essere dolce o un peso – che costa fatica portare – essere leggero? O ancora: “Fate morire, mediante lo Spirito, le opere del corpo – esorta san Paolo -: allora vivrete”. Com’è possibile far morire le opere del corpo e… vivere? Ecco i paradossi del cristianesimo! No, dall’esterno non si capiscono. Occorre entrare, aderire a Gesù con fiducia incondizionata. Allora non è più questione di capire: si sperimenta, si tocca con mano. Che cosa, esattamente? Che il vangelo non è un peso che schiaccia, ma un giogo che rende liberi. Che la fedeltà a quanto insegna il Signore costa fatica sì, ma una fatica che vale la pena fare, perché dà soddisfazione. Ma queste, non dimentichiamolo, son cose che possono sperimentare solo quei piccoli dei quali ci parla il vangelo di questa Domenica. Auguriamoci allora di far parte di questa categoria: l’unica in grado di conoscere davvero qualcosa di Dio.

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