Danilo Dolci, la forza della nonviolenza

Giuseppe Semeraro

Si è conclusa, con lo shakespeariano “Riccardo III” la stagione del Teatro Sociale di Trento. Prosegue invece l’offerta di spettacoli sul territorio. Al teatro di Cembra-Lisignago venerdì 12 maggio alle 20.30 sarà proposto “Digiunando davanti al mare”. Lo spettacolo ha vinto il Premio “Museo Cervi Teatro per la memoria”Festival di Resistenza 2020 e il Premio della Critica “Ermo Colle” 2022. La drammaturgia è di Franco Nicolini e l’interpretazione di Giuseppe Semeraro.

Al centro del lavoro la figura di Danilo Dolci, uomo che sfugge a qualsiasi tentativo di classificazione: poeta, intellettuale, pedagogo. Dopo un breve viaggio in Sicilia decide di ritornarci e di mettersi al fianco degli ultimi, dei diseredati, dei banditi come li chiamava lui stesso. Negli anni Cinquanta organizza e promuove tantissime manifestazioni e scioperi in difesa dei diritti dei contadini, dei pescatori, dei disoccupati. Il suo attivismo gli valse due candidature al Premio Nobel per la pace e il riconoscimento a livello internazionale per il suo operare. Sempre in quegli anni con i contadini progetta e realizza una radio clandestina, un asilo, una diga, l’università popolare insieme a tanti progetti culturali.

“Quello che più mi interessa in questa figura sono le sue qualità umane, il suo grande potere comunicativo e soprattutto la fiducia che sapeva spargere attorno a sé. Qualità che gli permisero di creare un grande movimento popolare che sfociò nel grande ‘Sciopero alla rovescia’, manifestazione che rivendicava il fatto che dei disoccupati per protesta andavano a lavorare rendendosi utili in lavori per la collettività” spiega Nicolini. Danilo Dolci voleva, con i disoccupati siciliani, ricordare all’Italia intera che per la Costituzione Italiana il lavoro è un diritto ma anche un dovere, se questo lavoro ha un’utilità pubblica.

Durante la manifestazione Danilo Dolci fu arrestato assieme ad alcuni collaboratori, ne seguì un processo che segnò un profondo spartiacque nell’Italia del dopoguerra. La nonviolenza è stata a lungo, e giustamente, identificata come la cifra peculiare dell’agire dolciano. Per Dolci stesso la nonviolenza costituiva un valore imprescindibile, su di essa scrisse e fu spesso chiamato a esprimersi esplicitamente.

Praticare la nonviolenza significava per lui aprirsi al mondo e lottare per il suo cambiamento con mezzi tali da prevenire il riprodursi della violenza. Il rifiuto di uccidere, l’importanza di sottrarsi a schieramenti ideologici e chiusure pregiudiziali, credere nella possibilità di infrangere consolidate forme di dominio e sopruso furono i principi cardine che orientarono con estrema coerenza la sua vita e le sue numerosissime iniziative.

Lo spettacolo proposto a Cembra-Lisignago ne ricorda la figura con tratti veloci ed un’intensa interpretazione di Giuseppe Semeraro.

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