“Ecco l’agnello di Dio”

Is 49,3.5-6;

Sal 39;

1 Cor 1,1-3;

Gv 1,29-34

Ci tieni ancora per mano Giovanni Battista! Ti abbiamo incontrato in Avvento, ci hai parlato del Signore, ti sei fatto conoscere come un grande, che tuttavia nei momenti di prova diventa piccolo come noi, dubita, si interroga e implora una risposta che porti luce sul suo cammino.

Eravamo con te sulle rive del Giordano domenica scorsa nel giorno del suo battesimo, mentre ci camminava accanto, inaugurando i tempi nuovi di un Dio finalmente presente in questo mondo, in questa storia e in ogni cuore.

Terminato il Natale, la liturgia ci propone un percorso nuovo dal nome apparentemente poco lusinghiero, chiamato “ordinario”. Quando andiamo a lavorare di solito indossiamo un vestito ordinario, dimesso; talora incontriamo persone che per la loro semplicità o, peggio, rozzezza etichettiamo come ordinarie. L’ordinarietà non ci piace, pensiamo che sia priva di novità, di sorprese, di quella gioia che solo la festa, nella sua eccezionalità, ci fa gustare.

Tu, Giovanni, oggi ci smentisci. Ci ricordi che proprio la quotidianità, può diventare un tempo di grazia, d’incontro con Colui che si è fatto uomo per stare con noi.

Tutto del vangelo di questa domenica ci parla di Lui, del Signore, mentre si avvicina a te.

Come allora, così anche oggi Gesù continua a raggiungerci per essere “luce delle nazioni, per portare la salvezza fino all’estremità della terra”, come ci ricorda il profeta Isaia nella prima lettura. Questo suo accostarsi ci rassicura e ci dà pace.

Spesso penso a cosa sarebbe la nostra vita, se non potessimo contare sulla vicinanza delle persone che ogni giorno si affacciano sul nostro orizzonte: sarebbe un inferno, un pellegrinaggio di desolazione e di morte.

Solo l’altro motiva le nostre scelte, riempie il nostro tempo, occupa i nostri pensieri e alimenta la nostra progettualità, in definitiva, ci fa vivere.

L’intera nostra esistenza ci appare come un continuo attendere che qualcuno si avvicini a noi.

Appena nati aspettiamo piangendo l’arrivo di nostra madre che,raccogliendoci fra le sue braccia, ci nutra col suo latte.

Nel corso della nostra vita ci auguriamo che tante persone si avvicendino per offrirci il loro aiuto, la loro presenza, specialmente nei momenti difficili e di sofferenza.

Infine, al termine dei nostri giorni siamo meno smarriti se coloro che amiamo si accostano e ci tengono la mano, per aiutarci a compiere l’ultimo viaggio.

Continuo a pensare a questo tuo incontro con il Signore. Provo a immaginare l’emozione di quel momento, di quell’intreccio di sguardi da cui ne sei uscito trasformato.

Hai capito tutto di te: la tua missione di precursore della sua presenza messianica, le tue parole che come dardi infuocati colpivano e infrangevano la durezza dei cuori, i gesti di purificazione nelle acque del Giordano, che preannunciavano che “… è Lui che battezza nello Spirito Santo”.

Forse solo in quell’istante, mentre lo vedevi giungere dinanzi a te, hai capito tutto di Lui tanto da poterci dire: “Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”.

Prima di farti da parte, vuoi compiere fino in fondo il tuo mandato rivelandoci la sua identità profonda, quando proclami: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”.

Gesù è l’agnello. Non potevi scegliere un simbolo più eloquente e ricco di significati legati alla storia del tuo popolo.

Penso all’agnello consumato in fretta prima di uscire dall’Egitto, il cui sangue salvò il popolo eletto dalla furia dell’angelo sterminatore (Es 12): è il Signore il vero agnello pasquale, che ci libera dalla schiavitù del peccato. Rifletto sull’agnello mansueto, portato al macello per il sacrificio, che prende su di sé i nostri dolori, sopportando le nostre sofferenze (Is 53): è Gesù in croce. Contemplo l’agnello immolato, che ha il potere di aprire il libro e i suoi sette sigilli per decifrare gli enigmi della storia e i destini dell’umanità (Ap 5): è Cristo risorto e glorioso.

Tu, uomo integro e senza compromessi, ci esorti a essere annunciatori e testimoni solo di Cristo.

Metti in guardia innanzi tutto noi preti dalla tentazione narcisistica di sostituirci al Signore, ponendoci su piedistalli, diventando così ridicole caricature di noi stessi.

Inviti a vigilare sulla loro condotta anche quei cristiani laici che, scimmiottando comportamenti clericali, mirano a primeggiare nelle nostre comunità.

Ci ricordi infine che la credibilità e l’efficacia della nostra testimonianza stanno nel porre Cristo al centro della nostra vita.

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