“Hikikomori”, quando l’amore rimette in pista

Diverse ricerche sociologiche e statistiche mostrano che la fragilità è una caratteristica molto diffusa tra i ragazzi di oggi. è di questa fragilità che racconta Hikikomori (Einaudi Ragazzi; età 13+), romanzo scritto a quattro mani da Fabrizio Silei e Ariela Rizzi. è la storia di Luca, ragazzo di quasi 17 anni, che decide di non tornare a scuola dopo un bruttissimo tiro di cui è stato vittima nello spogliatoio della palestra, anche se lui stesso dice che non è per questo che ha deciso di non uscire più dalla sua stanza e di interagire col mondo solo attraverso il pc. Per questo ha scelto come nickname “hikikomori”, termine giapponese entrato nel linguaggio comune grazie a saggi e articoli che descrivono la sindrome che colpisce chi si isola per diverso tempo in uno spazio confinato.

Sono di solito maschi figli unici tra i 14 e i 30 anni, intelligenti, bravi a scuola, sensibili e introversi. Ragazzi cresciuti in contesti apparentemente ideali, in famiglie di buona cultura, che a un certo punto si ritirano nella loro casa, in camera, abbandonando ogni relazione personale diretta. Una sera Luca entra in contatto con una ragazza giapponese che, come lui, è appassionata di anime e manga, in particolare dei lavori di Miyazaki. Yukiko, questo il suo nome, dà a Luca e al lettore l’immagine di sé come di una ragazza perfetta, vincente, prima in tutto. La sua famiglia la sostiene nello studio e nelle sue passioni, così come tutti gli amici e le amiche che le stanno intorno. Ma la realtà è diversa e nel suo diario, libro nel libro, si scopre la vera Yukiko e ciò che le è realmente successo. Nel corso della storia Yukiko diventa per Luca stimolo forte per uscire e andare fino in Giappone. Allo stesso tempo Luca per Yukiko, soprattutto nel diario, è un confidente con il quale aprirsi. Il loro è un incontro particolare che, alla fine, dà una svolta alla vita di Luca.

Il mondo adulto presente in questa storia è variegato: ci sono i grandi che non capiscono, che pensano solo a loro stessi, vittime a loro volta di profondi disagi infantili; e ci sono i grandi che, invece, sanno stare vicino ai ragazzi, entrare nel loro pensiero, rispettarli in quanto persone.

Si tratta di un libro feroce in certi punti, ma che alla fine riporta al fatto che non esiste benedizione senza ferita. L’amore scova questo ragazzo e lo rimette in pista. La ferita che gli viene inferta, però, è profonda e il premio finale la giustifica (almeno in parte), spingendo Luca a vivere la propria vita. Un libro in cui si intrecciano tanti temi: il bullismo, l’amicizia, l’amore, il rapporto tra figli e genitori, i social, l’incontro di culture diverse. Una storia senza facili psicologismi né risposte da adulto ad indagare il fenomeno hikikomori che non è ancora chiaro neanche agli specialisti. Una storia che senza morali e didascalismi mostra come le ferite fanno crescere e volerle evitare ai ragazzi finisce solo con indebolirli. La storia di un viaggio straziante fino ai piedi del monte Fuji per scoprire la verità, morire o tornare a vivere.

Bellissime le illustrazioni di Elisabetta Stoinich che decodificano il testo del diario di Yukiko, risultando elemento imprescindibile per l’equilibrio e il peso del libro. Notevole anche la copertina che nella sua essenzialità rappresenta tutto ciò che questa storia contiene.

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