“I soldi non fanno la felicità”. Ciononostante…

I lettura: Sapienza 7,7-11;

II lettura: Ebrei 4,12-13;

Vangelo: Marco 10,17-30

Esistono persone sempre felici a questo mondo? Beh, è una pretesa un po’ eccessiva: anche quando tutto va bene, c’è sempre qualcosa che frena. E cosa vorrà dire poi essere felici, contenti? Come si fa, soprattutto? Da bambini e da ragazzi si pensa: “Quando avrò quella tal cosa che mi piace tanto, allora sì che sarò felice!”. Poi, o per il compleanno, o per Natale, o perché si continua a scocciare, finalmente quella cosa arriva. Allora è la felicità…per un giorno, due, una settimana al massimo. Ma non di più. Da adulti ci si comporta più o meno allo stesso modo: “Ah, se potessi realizzare quel sogno…”, o più semplicemente “se stessi bene di salute”, “se avessi uno stipendio migliore, una pensione un po’ più consistente, una casa più bella e comoda…allora sì che sarei contento!”. No, non è vero. C’è molta gente che ha pure realizzato certi suoi sogni, sta benissimo di salute (mai passato le porte di un ospedale), e ciononostante non sprizza affatto gioia, anzi, a volte mostra musi lunghi da far paura. Perché manca sempre qualcosa per essere davvero felici? Anzi, perché mai, più cose si possiedono, meno felici si è?

“Maestro buono, cosa devo fare per essere felice?”. Era un tale molto ricco e benestante a porre a Gesù questa domanda (più precisamente, aveva chiesto: Cosa devo fare per avere la vita eterna? Ma cos’è vita eterna se non essere felici, in pienezza e per sempre?). Gesù gli rispose: “Osserva i comandamenti di Dio… non uccidere, non rubare…”. “Ma li ho sempre osservati!” risponde quello, “cosa mi manca ancora?”. “Ecco cosa ti manca, ribatte il Signore: Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi!”. Era molto ricco quel tale: non se la sentì di lasciare tutto per seguire Gesù Cristo. “Si fece scuro in volto e se ne andò via rattristato” – concludeva l’evangelista. Sì, nonostante le ricchezze che possedeva, se ne andò via rattristato; la tristezza infatti è il contrario della felicità. Gli era stata data la possibilità di trasformare in dono quello che aveva, cioè di condividerlo con i nullatenenti: non l’ha fatto, e ha perduto la possibilità di essere felice. Non ha visto in ciò un’opportunità, perché vedeva soltanto le sue ricchezze. Una storiella persiana racconta di un uomo che aveva un unico pensiero: possedere oro, tutto l'oro possibile. Era un pensiero che gli divorava il cervello e il cuore. Non riusciva ad avere nessun altro interesse, nessun altro desiderio che non fossero quello dell’oro. Quando passava per le vie della sua città, vedeva solo le vetrine degli orefici. Non si accorgeva di tante altre cose meravigliose che pure erano esposte lungo le vie. Tantomeno si accorgeva delle persone, non se il cielo era azzurro o se pioveva. Solo l’oro gli stava a cuore. Un giorno non seppe resistere: entrò di corsa in una gioielleria e cominciò a riempirsi le tasche di tutto ciò che gli capitava sottomano: bracciali d'oro, collane, anelli e quant’altro. Ovviamente non la passò liscia: appena uscito dal negozio, fu arrestato. Le guardie gli chiesero: «Ma come potevi credere di farla franca? Il negozio era pieno di gente!». «Davvero?», rispose quell'uomo stupito. «Non me n’ero accorto. lo vedevo soltanto l'oro». E con la scusa dell’oro, si ritrovò in prigione, con le manette ai polsi.

Ma allora, forse che Gesù Cristo ci chiede di rinunciare a tutto quello che abbiamo, alle nostre comodità, ai nostri soldi, ai nostri beni? Forse che la felicità sta proprio nel non aver niente? Ce ne sono di nullatenenti al giorno d’oggi: senza casa, senza lavoro, ma non pare che siano felici o sprizzino gioia da tutti i pori!

No, quello che Gesù propone non è di trasformarsi in nullatenenti, ma di camminare dietro a lui, di seguirlo. Non basta limitarsi a “non uccidere…non rubare…” per essere cristiani autentici, coerenti e… contenti: occorre seguire Lui. “Vieni e seguimi” dice infatti. Se questo comporta delle rinunce, è perché seguire lui è come passare per una porta stretta: chi è sovraccarico di troppi bagagli non ci passa. E poi, lo si sa: anche a prescindere dalla porta stretta, quando si cammina, meno ingombrante è il bagaglio, più si procede speditamente.

“È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno di Dio!” afferma il Signore in questa domenica. Paradossale come affermazione, non c’è che dire. Ma il paradosso ha l’effetto di renderla estremamente seria, anzi, allarmante.

Seguire Gesù Cristo, camminare con lui, vuol dire condividere quello che si ha con chi non ha niente. Al suo seguito si scopre che la felicità non sta nell’avere (sempre di più) ma nel donare, nel condividere. Il motivo ce lo rivela lui stesso: “Non c’è nessuno che dia uno e non riceva cento…”. Ma se quell’uno che hai te lo tieni solo per te, ti resta solo quell’uno, e della felicità non conoscerai nemmeno l’anticipo. Finiamola col dire che “non sono i soldi a fare la felicità”, per poi tenerceli stretti e desiderarne sempre di più. Alla fine la questione è tutta qui, in quest’alternativa: ci preme di più tutto ciò che abbiamo, o l’essere contenti? La prima lettura di questa domenica afferma che a questa questione la persona saggia e intelligente risponde così: “Preferisco essere sereno – in armonia con Dio, con me stesso e con tutti – a tutte le ricchezze di questo mondo”.

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