Il dialogo a distanza fra Martone e Leopardi

Il film Il giovane favoloso di Mario Martone sulla vita di Giacomo Leopardi preferisce alle avventure intellettuali del poeta le testimonianze autobiografiche e biografiche che lo riguardano. La parte iniziale, nell’insieme la più armoniosa, descrive gli anni della sua autoformazione e precoce fama nell’ambiente familiare e recanatese fino al distacco da quel mondo. Il seguito si sviluppa con marcati stacchi cronologici e citazioni calcolate secondo due direttrici tematiche principali: l’amore e il rapporto del poeta con alcuni esponenti del Risorgimento italiano, mentre la sua immagine gracile e dolente personifica il contrasto fra il limite umano e la sublimità del genio. I vagheggiamenti amorosi della prima giovinezza sono evocati con delicatezza e malinconia, una rappresentazione più realistica conforme allo stile del ciclo di Aspasia è invece riservata all’estrema disillusione amorosa, provata per Fanny Targioni Tozzetti. Ma non si rinuncia neppure alla nota di colore e alla teatralità delle avventure dell’amico Antonio Ranieri.

Sul piano ideologico, l’interesse del regista è rivolto soprattutto ad alcuni ambienti culturali militanti liberali con cui Leopardi entrò in contatto, avvertendone l’estraneità dal suo pensiero: quello fiorentino dell’Antologia del Vieusseux e quello napoletano.

Il Giovane favoloso costituisce pertanto dopo Noi credevamo di Martone un nuovo capitolo di una storia utopica libertaria e rivoluzionaria di un’unità nazionale aliena da soluzioni moderate, nella quale si assegna a Leopardi il diritto di cittadinanza. La forzatura è evidente, anche se si avvale di supporti oggettivi, come la conversione al razionalismo e al sensismo e le poesie ironiche e polemiche contro l’opportunismo e l’edonismo dei “nuovi credenti” napoletani, che deridono la sua persona e il suo “pessimismo cosmico” in nome di uno storicismo ottimistico. La politicità di Leopardi, inscindibile dalla visione eroica mutuata dai classici greci e latini, va più concretamente ricercata nel suo acuto giudizio sui costumi degli Italiani e nella complessità problematica della sua filosofia che culmina nel testamento spirituale del “vangelo laico” della Ginestra nell’invito all’umiltà e alla solidarietà universale fra gli uomini uniti contro un destino di dolore e di morte.

Il Giovane favoloso disegna ritratti e ambienti; esuberante, popolaresco e sbilanciato nei tempi lunghi in cui si dilata il quinquennio napoletano, tragico e allusivo nelle potenti immagini del Vesuvio e nei silenzi desolanti e luttuosi di Napoli colpita dal colera. E’ un film spettacolare dedicato a un “eremita”, come si definiva Leopardi.

Ma è merito dell’ottima interpretazione di Elio Germano, se la personalità del poeta si svela nella sua interiorità e se lo spettatore scopre per “ameno inganno” le radici della sua ispirazione poetica.

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