Il gelso, bianco o nero, è un albero “sapiente”

I frutticini del gelso bianco

“Giunti alla terza la maestra Elisa, che l’autunno precedente aveva voluto che ogni scolaro arrivasse a scuola con un diverso ramoscello d’albero, alla fine del maggio 1929 ci portò dei bozzoli dalla pianura. Ci spiegò che dentro ognuno c’era una farfalla, e prima era bruco e prima ancora piccolo ovetto che, dischiuso al tempo che i gelsi mettono le foglie, mangiando queste era mutato e cresciuto fino a costruirsi intorno la sua casa di fili di seta” (Mario Rigoni Stern).

Storia incredibile quella del gelso e del suo utilizzo da parte dell’uomo per alimentare il baco da seta, eppure questa pianta è anche altro. Appartenente alla famiglia delle Moracee, è un bellissimo albero di altezza 8-10 mt, ha il tronco tozzo e robusto, chioma globosa e densa, foglie lucenti a forma di cuore.

É classificato in base al colore dei suoi frutti in due specie: Morus Alba (gelso bianco) e Morus Nigra (gelso nero). Un tempo diffusissimo, delimitava i campi, formava viali di accesso oppure cresceva isolato accanto alle case donando frutti e foglie, apprezzate queste ultime non solo dai bachi da seta, ma anche da conigli e capre. Pianta longeva, rustica, resistente all’inquinamento, alla siccità ed anche all’ambiente marino, è idoneo nell’assestamento dei terreni a rischio frana. Con le sue foglie raffigurate anche in pitture pompeiane, era considerato da Plinio “albero sapientissimo” perché era l’ultimo a sbocciare in primavera ed il primo a maturare la frutta, sfuggendo così alle gelate. Il suo nome deriva infatti dal latino mora che significa “ritardo”.

Il gelso nero, originario della Persia ed Armenia, è stato il primo ad essere introdotto in Europa. I frutticini neri maturano scalarmente nei mesi di giugno e luglio. Hanno un gradevole sapore aromatico per il giusto equilibrio tra zuccheri ed acidità, si usano per preparare gelatine, sciroppi e coloranti naturali oltre che per consumo fresco. Molto simile è il gelso bianco originario della Cina dove già venti secoli prima di Cristo era impiegato per l’allevamento del baco da seta. Rispetto al gelso nero le foglie sono più tenere e maggiormente apprezzate dai bachi, i suoi frutti bianco crema sono molto dolci ma meno saporiti.

Introdotto nella nostra regione nel sec. XV a Rovereto, si diffuse in Val d’Adige fino a Bolzano e nelle valli laterali fino a circa 700 mt s.l.m. ed in posizioni soleggiate anche oltre. Dopo la Prima guerra mondiale avviene il declino improvviso della sericoltura, sia per la concorrenza dell’Estremo Oriente, sia ancor più per quella della seta artificiale (rayon). In pochi anni furono distrutte tutte le coltivazioni. Oggi rimangono ancora qua e là gelsi spontanei inselvatichiti e qualche pianta nei “giardini dei frutti dimenticati”. Il gelso appartiene alla stessa famiglia di un’altra pianta dalla grande storia: il fico.

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