Il peccato? Solo chi ama lo vede.

2Samuele 12,7-10.13;

Galati 216.19-21;

Luca 7,36-8,3

Tutto ciò che è d’importanza vitale si rinnova: la casa in cui si abita, l’abbigliamento, la carta d’identità, il passaporto, la patente… E se non si rinnova, vuol dire che non è d’importanza vitale; allora scade e non serve più. La stessa cosa vale anche per la Fede e per tutto il suo arredamento: il linguaggio, ad esempio, il vocabolario. Nelle letture della prossima domenica risuonano le parole “peccato” e “perdono”. “Ho peccato contro il Signore!” afferma Davide nella prima – “Il Signore Dio ha perdonato il tuo peccato!” gli risponde un profeta. “Le sono perdonati i suoi molti peccati!” esclama Gesù nel vangelo, rivolto a una prostituta – “Chi è costui che perdona anche i peccati?” si domandano i farisei.

Ma esiste ancora il peccato? Non sono pochi i giovani e gli adulti (soprattutto se culturalmente emancipati) che ci ridono su con aria di superiorità e considerano ingenui quei tali che al peccato ci credono ancora. Da parte della Chiesa si lamenta che la società odierna (soprattutto occidentale) ha perso il senso del peccato. Insomma, che cos’è ‘sto peccato? È solo un articolo d’antiquariato che la Chiesa vuole conservare a tutti i costi? O è qualcosa di vitale, anzi, di mortale? E anche ammesso che sia qualcosa di mortale, cosa c’entra Dio?

Davide, il re biblico di cui ci parla la prima lettura, si era invaghito della donna di un altro, e poiché era re e poteva far tutto quello che voleva, non solo se la prese, ma con uno stratagemma fece anche eliminare il marito di lei, un certo Urìa. Pensava di averla fatta franca, quand’ecco che compare il profeta Natan – mandato da Dio – e prende il discorso alla larga, raccontandogli la storia della pecorella portata via al povero per imbandire la mensa del ricco… “Chi è stato quel delinquente?” sbotta Davide, che ha un grande senso della giustizia… “Tu sei stato!” – gli risponde il profeta – “E Dio mi ha mandato a dirti che è cosa abominevole ciò che hai fatto…”. Ci chiedevamo: che c’entra Dio con il peccato dell’uomo? Dio è il Signore e il difensore di ogni creatura: se non c’è Dio, o se gli si mette il silenziatore, allora tutto è possibile: sia far del male al prossimo, sia rovinare se stessi. In tutta tranquillità. Appena all’inizio del nostro secolo è accaduto che violenze etniche e guerre fratricide hanno dilaniato certe zone d’Europa: testimoni affermano di aver assistito a scene orribili, raccapriccianti, che si pensavano relegate al passato. Perché sono potute accadere? Per tante ragioni probabilmente, ma non ultima, questa: quelle popolazioni hanno respirato per decenni una cultura che voleva sì promuovere la giustizia, ma senza Dio. E allorchè Dio è messo a tacere, anche la coscienza degli uomini s’addormenta. Allora tutto è possibile: anche trasformarsi in mostri. Il problema non è la mancanza del senso del peccato: questa è una conseguenza. Il problema è un altro: chi sarà il nostro difensore? Se Dio non potrà dire la sua, chi ci libererà dall’ipotesi del tutto è possibile (nel senso di “dal male in peggio”)? Sì, sarà pur vecchia la parola “peccato”, abusata perfino, ma se la cancelliamo dal vocabolario umano è come gettare nelle immondizie l’ultima garanzia di difesa che abbiamo. Se la Fede parla di peccato è per amore delle persone in definitiva: per istillare nelle coscienze una sufficiente misura di orrore per quel male che potremmo fare agli altri e a noi stessi. Quel male offende anche Dio è perché lui è il primo che non lo vuole, e non lo vuole perché ci vuol bene; non c’è altro motivo che questo. Dio non ha alcun interesse a punire o a far pagare a chi sbaglia il suo errore; l’unica passione che ha è quella di perdonare: cioè guarire, risanare. Tuttavia il malato, una volta che sa di essere malato, deve voler guarire, altrimenti, neanche quel medico che è Dio, Gesù Cristo, può far niente. È quando Davide afferma “Ho peccato contro il Signore!” che il profeta può dirgli: “Il Signore Dio ha perdonato il tuo peccato!”. È dopo che quella donna ha sfogato il suo tormento piangendo sui piedi di Gesù, che egli può dire: “Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato!”. E quando è Dio a dirlo, quando è Gesù, è davvero una guarigione quella che avviene: è come trovarsi fuori pericolo. Il perdono di Dio non è una pietra sopra il passato! È una forza, è un’energia potente di creazione: è un futuro nuovo quello che il perdono di Dio rende possibile! Una tempo si parlava di “poveri peccatori”: occorre distinguere tuttavia. I peccatori che si riconoscono tali non sono poveri, sono ricchi di perdono e di misericordia. Poveri sono quei tali che non riconoscono il male che si portano dentro e pertanto non possono provare la gioia di essere guariti. Cosa si deve fare, allora? Credere nel peccato? No, il peccato c’è lo stesso, anche se non ci si crede. Credere in Dio occorre, come nel vero difensore di ogni persona. E soprattutto amarlo: amarlo molto, sempre di più. Come quella donna che nell’amarlo piangeva… Chi non sa adoperare anche le lacrime nell’amore, non ama veramente. E chi non ama il Signore, peccati non ne vedrà mai, perché solo l’amore li fa vedere. Senza amore è come vivere al buio: tutto va bene al buio. Amare invece è aprirsi alla luce: sì, illumina quella luce, fa vedere il bene e anche il male, ma soprattutto guarisce, perché perdona.

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