Il sistema Alto Adige traballa, ha perso il partito unico

Il “sistema Alto Adige” (System Südtirol), che qualcuno ha definito “l’atteggiamento mentale di come aziende e politici amici si sono rapportati – e tuttora si rapportano – col bene pubblico”, ha perso uno dei suoi pilastri: il partito (unico). Non che la Südtiroler Volkspartei sia scomparsa, tutt’altro. Ma con i numeri attuali non si può più identificare con la Provincia tout court. Deve condividere le (vere) responsabilità di governo con altri, pur rimanendo di gran lunga la prima forza politica del Villaggio di Asterix.

L’altro pilastro che esce incrinato dall’ultimo evento elettorale è il monopolio (economico) dell’informazione. Malgrado anni di parole lanciate contro il presidente Arno Kompatscher per indebolirne ruolo e carisma, quest’ultimo – in relazione ai risultati del Partito di raccolta – resta il più votato e consolida la sua posizione.

Che il “sistema Alto Adige” – in altri tempi lo si sarebbe definito una società corporativa e consociativa – ne esca azzoppato può essere anche una buona notizia. Ma solo se in esso sono nel frattempo maturate le forze per costruire un’alternativa. Altrimenti invece si rischia un pericoloso collasso.

Per molti versi lo scenario emerso dalle urne descrive una situazione analoga a molte altre regioni europee: una sempre più netta distinzione tra la sensibilità politica delle città e quella delle periferie rurali; una perdita di consenso delle varie “Volkspartei”; lo schizzare repentino di raggruppamenti estemporanei espressione dei populismi di destra; l’influenza di temi facili da cavalcare a livello di social media come quelli cari ai no vax e alle destre xenofobe. Non dimentichiamo che la diffusione massiccia di fake news, con particolare riferimento ai migranti, ha determinato a suo tempo il successo di fenomeni come Donald Trump e la Brexit.

L’elettorato di lingua italiana, da parte sua, risponde in buona parte al trend nazionale. Così se nel resto d’Italia la Lega e i 5Stelle sono in calo mentre guadagnano i Fratelli d’Italia, lo stesso avviene in Sudtirolo. Altri voti del gruppo italiano vanno poi in tutte le direzioni, dai partiti interetnici a quelli più o meno etnicizzati. Un ulteriore elemento di crisi non del “sistema Alto Adige”, ma questa volta del sistema istituzionale autonomistico è il nuovo calo (analogo a quello del 2013) della componente di lingua italiana in Consiglio provinciale.

Da un lato questa situazione è lo specchio di una realtà sociologica molto diversificata. Nel gruppo italiano ci sono persone assai radicate nel territorio, altre che fanno fatica a coglierne le complessità, molti sono disorientati, altri delusi e sfiduciati. Una parte si rivolge ai partiti tradizionali, qualcuno alle liste civiche, altri scelgono consapevolmente raggruppamenti interetnici. Ci sono quelli che votano il buon governo e quelli che invece non sono andati a votare, ognuno con la sua motivazione, ma nel complesso perché incapaci di identificarsi con una delle proposte rappresentate sulla scheda.

Alexander Langer, nel lontano 1985, definiva i primi tentativi di cancellare i nomi locali di lingua italiana (“nonostante il loro vizio d’origine”) dai cartelli e dalle mappe “una sorta di preavviso di sfratto per gli abitanti di lingua italiana”. Fatto sta che la strategia del Partito di raccolta è stata quella di indebolire progressivamente i propri partner politici di lingua italiana (e non solo), in modo particolare dai primi anni ’90, fino ad arrivare alla Giunta Svp-Lega dell’ultima legislatura la cui componente di lingua italiana è stata bocciata clamorosamente dagli stessi elettori.
La riduzione nell’angolo dell’insignificanza della rappresentanza politica provinciale italiana risponde certamente alle logiche spartitorie del “System Südtirol”, ma le sue conseguenze si ripercuotono ora sull’intero sistema dell’Autonomia. Quest’ultimo si regge sul riconoscimento delle diversità, sulla condivisione (volenti o nolenti) delle responsabilità. Quando una delle componenti sociali e culturali della provincia – qualunque essa sia – non è presa sul serio, è resa strutturalmente debole e impotente, ciò rappresenta un problema per l’intera comunità plurilingue altoatesina. È segno che qualcosa è andato storto.

Si credeva, non molto tempo fa, che la storia altoatesina si sarebbe evoluta virtuosamente secondo la linea “gegeneinander – nebeneinander – miteinander – (füreinander)” (ovvero: prima gli uni contro – poi vicino – poi con – infine per gli altri). Si è passati invece – ha dichiarato qualche tempo fa un altoatesino pensante, Aldo Mazza – dal “nebeneinander” all’“ohneeinander” (gli uni “senza” gli altri). “Ricordo ciò che diceva Alexander Langer: sotto la cenere, i conflitti etnici continuano ad ardere. Dobbiamo approfittare dei periodi di benessere per creare una base, un condominio, in cui le persone, pur con tutte le loro differenze, si conoscano, si apprezzino e si comprendano a vicenda”. Chissà.

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