“La principessa nasona”, una bellezza “regale” che ribalta gli stereotipi

È tutto giocato sull’ironia di parole e immagini questo albo illustrato edito da Clichy. Una fiaba nuova in chiave alternativa che solletica l’immaginazione giocando con aspetto corporeo, atteggiamenti e funzioni di una principessa. “La principessa nasona” (Clichy; età 5+), appunto, che nonostante i capelli arancioni, le lentiggini e un naso enorme ingombrante e ingestibile, non si fa problemi. Niente del suo aspetto e dei commenti degli altri le impedisce di fare ciò che vuole e, seguendo i suoi desideri con intelligenza e arguzia, diventa artefice consapevole del suo destino, anzi dei suoi destini. Questo libro, infatti, non ha un unico finale. È il lettore che può decidere come farlo finire e sono ben sei le proposte divertenti e per nulla banali, tra cui può scegliere, senza che nulla possa impedire che lui stesso ne aggiunga una settima tutta sua.

La principessa nasona, controbilancia il suo aspetto un po’ (tanto) fuori dagli stereotipati canoni di bellezza regale con la sua gentilezza, la sua perspicacia e la sua grazia. Il naso che si ritrova di certo non l’aiuta quando i principi pretendenti, invitati dal re, si volatilizzano davanti a tale protuberanza. Lei, però, non si perde d’animo, non cede allo scoraggiamento e sorvola le pesanti prese in giro con cui i cortigiani si dileggiano, fino a diventare regina, senza consorte, infischiandosene di tutto e di tutti.

Questo albo illustrato con le immagini tanto ironiche, intelligenti e attente di Marianna Balducci, quanto lo sono le parole di Davide Calì, si inserisce in quel filone di proposte di lettura per i bambini che non vogliono negare le fiabe tradizionali, ma desiderano mostrare che ci possono essere anche strade diverse da percorrere nelle storie. In queste narrazioni gli stereotipi (che proprio tali, nelle fiabe classiche non sono) vengono ribaltati così che principesse e principi possono muoversi e vivere come persone normali decidendo del proprio essere e del proprio destino. Questa storia si presenta quindi come un inno contro il body-shaming, un invito all’accettazione del proprio corpo e alla presa d’atto dell’importanza di crescere bene consapevoli della propria unicità, nonostante ciò che gli altri, principi, re o regine, possono pensare o dire.

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