La Tunisia ai tempi del coronavirus

Animazione con i bambini dell’asilo di Ain Draham prima del lockdown

La Tunisia ai tempi del coronavirus. Da Ain Draham suor Bruna Menghini della congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Maria. Originaria di Brez, ha svolto la sua missione pastorale in Libia fino al 2013, per poi andare in Tunisia.

Suor Bruna Menghini
Suor Bruna Menghini

Carissimi amici,

In questo tempo di “corona” c’è un’aria di fraternità che ci spinge a domandare notizie degli uni e degli altri: riceviamo lettere, ne mandiamo, preoccupati di sapere chi sta bene, chi soffre e sperando che non ci sia chi muore: la pandemia è arrivata da voi? Come state?

Cerchi di rispondere un po’ a tutti condividendo qualche pensiero e riflessione.

Tutti siamo presi nel vortice del virus, questo piccolissimo intruso nelle nostre vite che ci fa tremare e ci fa sentire che siamo tutti eguali e tutti poveri, incapaci di usare i nostri “saperi” per sbarazzarcene una volta per tutte.

Abbiamo seguito le vicende dei nostri rispettivi paesi con l’aiuto della tecnologia moderna ma confinati e – diciamolo pure – impauriti; quante sofferenze nel mondo!

Qui in Tunisia il contagio non è stato terribile come in tanti altri paesi: gli ospedali non sono stati sopraffatti dal numero eccessivo di malati, per fortuna. Si contano in tutto 50 morti identificati. Ma la vita si è fermata anche qui: il confinamento ha bloccato tutto. Qui da noi la maggior parte dei lavoratori sono pagati alla giornata: se non c’è lavoro non c’è salario quindi non c’è pane. Le conseguenze si pagheranno a lungo, il turismo, per esempio, che è la grande risorsa del paese, è fermo.

Qui a Ain Draham, durante il periodo del confinamento abbiamo vissuto più di due mesi come in un eremo, noi cinque suore, sole mentre tutti i nostri collaboratori dovevano starsene a casa, come pure i bambini dell’asilo. Qualche povero ha osato rompere i divieti per venire e domandare “cibo”; sappiamo comunque che la condivisione è stata vissuta nel villaggio, da molti per fortuna. Anche noi abbiamo potuto ringraziare amici che ci hanno “trovato” ciò che mancava sul posto: solidarietà nel bisogno.

Per fortuna noi non siamo state completamente senza la celebrazione della messa: siccome il sacerdote abita sul posto aveva il permesso di venire la domenica e questo era un grande conforto; anche le cerimonie della settimana santa le abbiamo avute con gioia, naturalmente senza “popolo” (che comunque qui è sempre raro): un dono di Dio e un’occasione di portare a Lui il mondo intero!

Il coronavirus non è apparso nella nostra regione: che si sappia non c’è stato nessun contagiato e quindi la popolazione ha fatto fatica a rispettare le regole dell’isolamento. Ci hanno mandato l’esercito!

Appena c’è stata la possibilità di riprendere la vita non dico normale, ma quasi, ai primi di giugno, abbiamo riaperto le porte e i bambini sono tornati, più della metà. Abbiamo funzionato tutto il mese, ripreso il corso delle attività e abbiamo potuto “finire” l’anno scolastico con la gita dei bambini nella foresta e la festa per i genitori con tanta gioia, una gioia più grande perché sembrava impossibile poco tempo prima.

Che sarà domani? Dio solo lo sa, ma dobbiamo vivere nella speranza: tanta gente, credente o non credente, ha sentito il bisogno di pregare, di rivolgersi a Dio e di implorare il suo aiuto: sarà un “ritorno”? Per noi è stata un’esperienza che non dimenticheremo: un mondo “unito” da un microscopico virus che fa paura e ci fa sentire tutti eguali. Ci affidiamo a Dio e speriamo che la “lezione” ci aiuti a scegliere nuove vie di fraternità e di discernimento nel cammino della vita.

Con tanto affetto a voi tutti,

Suor Bruna fmm

Ain Draham, 12 luglio 2020

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