L’altro fa parte di me, si esalta il volontariato

Caritas Bolzano

Volontariato. Tempo donato. La cultura del dono fa ancora parte del presente di una società segnata da un forte individualismo non solo nell’economia e nella politica ma anche nell’impegno sociale?

A Bolzano nei prossimi giorni si apre la “Fiera del volontariato” nell’ambito della “Fiera d’autunno”. Cinquanta organizzazioni del privato sociale espongono le proprie attività e articolano le loro offerte parlando direttamente ai volontari e agli aspiranti tali.

Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale dei poveri che si è celebrata domenica scorsa, riconosce il valore profetico del volontari, “ai quali va spesso il merito di aver intuito per primi l’importanza dell’attenzione ai poveri”. Egli esorta “a cercare in ogni povero … ciò di cui ha veramente bisogno” A non fermarsi “alla prima necessità materiale, ma a scoprire la bontà che si nasconde nel loro cuore, facendosi attenti alla loro cultura e ai loro modi di esprimersi, per poter iniziare un vero dialogo fraterno”. Invita a mettere “da parte le divisioni che provengono da visioni ideologiche o politiche” e a fissare “lo sguardo sull’essenziale che non ha bisogno di tante parole, ma di uno sguardo di amore e di una mano tesa”.

Anche in Alto Adige la cultura della gratuità non è un dato scontato. La difficoltà a trovare persone che si impegnino ad esempio nei consigli pastorali parrocchiali è nota a Bolzano come altrove. A partire dai primi anni del nuovo secolo le realtà che offrono proposte di tipo culturale e ricreativo, come le bande musicali e i cori, hanno subito un continuo calo numerico. Se nel 2005 il quasi il 37 per cento degli altoatesini faceva parte di un’associazione culturale o ricreativa, la percentuale nel 2018 è scesa a poco più del 24 per cento. In calo anche la partecipazione a partiti politici, organizzazioni sindacali e di categoria, associazioni che si impegnano per l’ambiente, i diritti civili e la pace. Se nel 2005 oltre un quinto della popolazione era membro di organizzazioni di volontariato, nel 2018 la percentuale è calata a poco più del 15 per cento. Si tratta pur sempre di numeri al di sopra della media nazionale, che tuttavia descrivono la tendenza evidente a ritirarsi dal privato sociale al privato tout court.

L’impegno nel volontariato sociale o culturale non è di per sé espressione di una cultura del dono. La dimensione del “do ut des”, tipica del mercato, segna certamente anche gran parte del cosiddetto terzo settore.

Secondo l’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, si tratta “di pensare la gratuità, come cifra della condizione umana e quindi di vedere nell’esercizio del dono il presupposto indispensabile affinché Stato e mercato possano funzionare avendo di mira il bene comune”. In un articolo pubblicato su Vita spiega che “senza pratiche estese di dono si potrà anche avere un mercato efficiente ed uno Stato autorevole (e perfino giusto), ma di certo le persone non saranno aiutate a realizzare la gioia di vivere”, perché “efficienza e giustizia, anche se unite, non bastano ad assicurare la felicità delle persone. Non è difficile darsene conto solo che si consideri che accanto ai beni di giustizia ci sono i beni di gratuità e che non è pienamente umana quella società nella quale ci si accontenta dei soli beni di giustizia. Qual è la differenza? I beni di giustizia sono quelli che nascono da un dovere (legale o civico); i beni di gratuità sono quelli che discendono da una ob-ligatio. Sono beni cioè che derivano dal riconoscimento che io sono legato ad un altro, che, in un certo senso, è parte costitutiva di me”.

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