Le “cento domeniche” di Albanese

Nel suo nuovo film, il regista e attore racconta la storia di Antonio, ex tornitore costretto a fare i conti con il fallimento della sua banca
Antonio aspetta da sempre il giorno in cui sua figlia si sposerà. Quando Emilia era piccola, giocavano e, nel gioco, lui la portava all’altare. I soldi a disposizione per organizzare il matrimonio non sono tanti: Antonio vive della sua pensione da tornitore e di quello che il suo ex datore di lavoro gli passa sottobanco perché formi i nuovi arrivati in fabbrica. Ma l’occasione è importante, di quelle che capitano una volta sola nella vita, e Antonio decide di chiedere un prestito alla sua banca. Allo sportello viene accolto da un ex compagno di classe di sua figlia e dai “soliti impiegati”, perché la banca, nel paesino in provincia di Lecco dove è ambientata l’ultima opera di Antonio Albanese, “Cento domeniche”, è di casa. Non è di casa però il nuovo direttore, che consiglia ad Antonio di firmare subito le carte del prestito, perché le sue azioni “stanno galoppando”.

In “Cento domeniche” Antonio Albanese è lontano dal registro comico che lo ha consacrato in altri film. Non si può dire però che l’attore – che del film è anche il regista – non sia riuscito ad interpretare magistralmente il suo ruolo, complice un’ambientazione che gli è profondamente affine: il film è stato girato anche ad Olginate, paese di origine di Albanese, che per sette anni ha lavorato nella fabbrica presentata nella pellicola. Oltre a preoccuparsi per il danno economico, il protagonista di “Cento domeniche” soffre perché sente di essere stato tradito dagli impiegati della banca. Loro stessi, però, sono entrati in una dinamica che poco ha a che fare con quella filiale, perché è tra i “piani alti” che bisogna cercare i responsabili. Antonio questo lo capisce, ma ciò non contribuisce a diminuire la sua rabbia, che poi diventa disperazione, e che è condivisa: “Cento domeniche” prende il titolo dal numero di giorni che il marito di una sua cugina ha lavorato per costruirsi una casa. L’unica forza che si contrappone alla disperazione è quella della comunità, che ha la faccia del barista che consiglia ad Antonio di unirsi agli altri clienti della banca per far sentire la sua voce e quella degli amici che si propongono di prestargli il denaro che gli serve.

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