Lo stile cristiano

Cosa significa rinunciare a se stessi? Vuol dire mettere da parte tutto, a cominciare dai propri sogni?

Si è parlato molto spesso di uno stile-Bergoglio, celebrato in giornali, libri e rotocalchi come un misto di semplicità e di profondità capace di superare qualsiasi barriera e di andare dritto al cuore di ciascuno. Le sue parole, i suoi gesti ma pure il suo sorriso e le sue movenze non possono passare inosservate specie in chi fino a ieri vedeva nel Papa una figura sacrale, quasi sospesa tra il cielo e la terra. Forse Papa Francesco vuole invece portare un po’ di cielo sulla terra, dentro la carne, soprattutto quella dei poveri, come continua a sottolineare con forza ogni giorno da quando è stato eletto pontefice.

Tuttavia il Papa cerca in ogni modo di sfuggire a questa idolatria mediatica che, se coglie sicuramente un aspetto evidente della sua personalità, rischia di mettere in secondo piano un elemento fondamentale: lo stile di Bergoglio non è un vezzo e neppure una strategia un po’ gesuitica per conquistare la gente, bensì è un modo di parlare di Gesù. Il Papa ribadisce molto spesso che se esiste uno stile cristiano, prima di guardare a Bergoglio, occorre guardare alla croce.

In una recente omelia, tenuta in Santa Marta il 6 marzo scorso, il Papa ha affermato: “Lo stile cristiano, senza croce non è cristiano, e se la croce è una croce senza Gesù, non è cristiana”, rimarca Bergoglio. E aggiunge: “Lo stile cristiano prende la croce con Gesù e va avanti”, segue cioè l’esempio del Messia che, “pur essendo uguale a Dio”, “annientò se stesso, si è fatto servo per tutti noi”.

Ci si può domandare se questo modello può essere proposto anche oggi. Che cosa significa rinunciare a se stessi? Vuol dire mettere da parte tutto, a cominciare dai propri sogni? Certamente vengono i momenti in cui farsi servo implica la concreta messa da parte persino della propria identità: Gesù, il giusto per eccellenza, si è trasformato in peccatore. Tuttavia, prosegue il Papa: “Questo stile ci salverà, ci darà gioia e ci farà fecondi, perché questo cammino di rinnegare se stessi è per dare vita, è contro il cammino dell’egoismo, di essere attaccato a tutti i beni soltanto per me…”. È un cammino, inoltre, che “è aperto agli altri, perché quel cammino che ha fatto Gesù, di annientamento, quel cammino è stato per dare vita”.

Questa proposta di vita, che dà vita agli altri proprio nel rinnegamento della propria esistenza, è esigente e tremendamente seria. Eppure questo è lo stile a cui i cristiani sarebbero chiamati a uniformarsi. Ciò non significa dover perdere i propri ideali. Gesù, dimenticando se stesso, ha compiuto completamente la sua missione. Credo che per ognuno di noi “compiere la propria missione” sia un traguardo bellissimo. È felice l’uomo che, al tramonto della vita, può dire di aver capito che cosa doveva fare nel tempo trascorso in questo complicato mondo. Riempie di gioia pensare di riuscire, almeno un poco, a incamminarsi lungo la via di Dio. Per i cristiani significa mettere al centro Dio e l’altro uomo: questi due termini non possono essere disuniti perché solo attraverso il servizio al fratello si può riconoscere, incontrare, amare Dio.

I martiri ci danno continui esempi di questo cammino. La prossima settimana, il 24 marzo, giorno dell’assassinio di Oscar Romero, il vescovo salvadoregno ucciso sull’altare del 1980, la Chiesa ricorda tutti i martiri, in particolare quelli degli ultimi decenni. Romero, sudamericano come l’attuale pontefice, rappresenta davvero lo stile delineato dal Papa Francesco: è il buon pastore che offre se stesso per il suo gregge. Che non si nasconde davanti ai lupi, che si fa prossimo, buon samaritano, medico per le ferite del corpo e dell’anima. Per fare questo bisogna rinunciare a se stessi, ma non alle proprie idee. Quando Romero tuonava contro i militari del suo paese affinché cessassero la repressione dei poveri e il massacro indiscriminato, sapeva di parlare in nome di Dio. Certo per osar di pensare che le proprie parole incarnano la volontà di Dio bisogna avere alle spalle una vita di discernimento, preghiera e rinuncia. La bussola del Vangelo può però guidare chiunque sulla strada giusta. Solo annientando se stessi si può scalare la strada della santità. Una strada in salita che porta però al cielo.

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